Potere clericale modernista nel Confessionale

21.01.2013 13:44

 

Potere clericale modernista nel Confessionale

 

Senza perdere tempo con provocazioni sterili, vogliamo entrare nel vivo di alcune affermazioni che da dopo il Concilio sono diventate quasi una nuova normativa,  persino dottrinale, nella Chiesa.

Non è raro sentire affermare da certi relatori, presbiteri o laici, in varie occasioni di incontri diocesani, catechetici o parrocchiani, che il concetto di "peccato mortale" è venuto meno, non esiste più, che tutti i peccati sono uguali o, nella peggiore dei casi, che tutti i peccati sono uguali e quindi tutti veniali, tutti perdonabili senza il necessario ricorso al confessionale, che è sufficiente confessarsi solo una volta all'anno e che in qualsiasi condizione è possibile ricevere l'Eucaristia avendo partecipato all'atto penitenziale: l'importante è credere, avere fede in Dio buono e misericordioso che tutto perdona. Una coscienza pentita è già una coscienza perdonata.

Naturalmente le gravi conseguenze di queste idee si ripercuotono poi su tutta un'altra serie di situazioni quali, ad esempio, i divorziati risposati, o chi ha persino abortito, limitando tali colpe a piccoli peccati veniali dei quali basta pentirsi per essere a posto con la coscienza, pur rimanendo nello stato di peccato riguardo agli adulteri e non riparando il danno fatto con l'aborto, e ricevere ugualmente l'Eucaristia.

Vi ricordiamo che fu il Protestantesimo a mettere in dubbio il Sacramento della Confessione e ad eliminarlo quando soppresse il Sacerdozio ministeriale.

 

Perché parliamo di "potere clericale modernista"?

Al di là della santa provocazione, una volta il Sacerdote nel Confessionale non esprimeva le proprie opinioni a riguardo delle materie da assolvere o ritenere, della penitenza da dare, del peso di una scomunica (ipso-facto) quale è ancora oggi, per esempio, quella che grava su chi ha abortito o favorito o addirittura fatto materialmente in quanto medico convinto che abortire non sia un peccato mortale.

Così come quella che grava sui divorziati risposati ai quali non pochi sacerdoti danno la Comunione perché convinti che ciò sia un bene: da non confondere con i separati o divorziati non risposati e non conviventi i quali, se appunto vivono soli perché consapevoli della loro situazione anomala e non responsabili del divorzio, ma che lo hanno subito, e che dunque vivono la propria vita nei Dieci Comandamenti, nell'autentico sacro timor di Dio (che è uno dei sette doni dello Spirito Santo) e nella gratuità di un amore che prevede anche la solitudine, possono ricevere la Comunione.

Oggi, invece, certo potere modernista ha spinto non pochi Sacerdoti ad usare il Confessionale quale mezzo per esprimere le proprie opinioni in campo etico e morale e su queste opinioni stabilire l'assoluzione. Una assoluzione basata sulla fede del fai da te e non più sui Comandamenti, non più sulla sana dottrina oppure, anche se i Comandamenti vengono usati, questi sono  interpretati a seconda del pensiero del mondo, delle maggioranze, democraticamente, o con il politicamente "corretto". E' in questo senso che parliamo di un "potere clericale" inaccettabile.

Questi Sacerdoti non si pongono neppure il dubbio se ciò che fanno è bene o male, ma hanno proprio scambiato il male per un bene, così come ci aveva ammonito il Profeta Isaia: "Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro" (5,20). Nessun Sacerdote ha il diritto di stravolgere la Verità usando il Confessionale, Essi sono chiamati a giudicare il peccato (non il peccatore) non in base alle loro opinioni ma sulla base dei Comandamenti, del Vangelo quando Gesù dice all'adultera: "và e non peccare più!", in base alle Norme della Chiesa dalla quale hanno ricevuto il mandato.

Trattandosi di Sacerdoti mandati non per esprimere le proprie opinioni ma i comandi divini, si chiama abuso di potere, come ebbe a dire Giovanni Paolo II quando denunciava l'esplosione dei cosiddetti "atti penitenziali" in sostituzione delle confessioni personali.

Ed è un "potere modernista" che certo Clero usa oggi gettando non soltanto nella confusione il fedele, ma stravolgendo la dottrina della Chiesa che non è mai mutata, rovinando migliaia di anime che sono morte, muoiono, o stanno morendo in un grave stato di peccato mortale spaventoso, nel silenzio compiacente di questi Giuda!

Certo, sappiamo che la misericordia di Dio è superiore a tutto e legge i cuori delle persone, ma sappiamo anche che Egli è Giudice e che se ci saranno anime dannate per queste inadempienze, coloro che si sono resi responsabili di tale situazione, pagheranno assai più duramente il loro tradimento o silenzi (cfr, Ez. 3,18-21).

L'Atto penitenziale, con il quale si comincia la Messa e attraverso il quale si fanno degli incontri con i fedeli in alcuni Tempi forti liturgici come l'Avvento, la Quaresima o nella Settimana Santa, è sufficiente solo per i peccati veniali ma non sostituisce l'assoluzione se uno non ha ancora confessato i peccati mortali, semmai prepara il fedele proprio alla vera e piena Confessione.

La Confessione è strettamente associata alla ricezione della Comunione Eucaristica, troppi nel Clero oggi dimostrano non soltanto di non conoscere una adeguata preparazione di teologia morale corretta, ma dimostrano piuttosto una avanzata e superba pretesa di poter officiare a tale ministero a seconda delle proprie convinzioni, agendo liberamente e con perversa coscienza ben sapendo di agire contro la dottrina della Chiesa, assumendo l'orgogliosa pretesa di essere "più buoni della Chiesa" stessa, e di assolvere così tutti, a prescindere dalle colpe personali e dal loro peso.

Così esordiva Giovanni Paolo II nella sua ultima Enciclica: "San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi».

In questa linea giustamente il CCC (n. 1385) stabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione».

Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»”

(Giovanni Paolo II  da Ecclesia de Eucharistia 36).

Leggiamo da un bravo sacerdote questo breve:

"Può sembrare duro san Giovanni Crisostomo, ma non fa altro che riprendere le parole severe di san Paolo in  1 Cor 11,27-30: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.

È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti”.

L’autorevole Bibbia di Gerusalemme commenta quest’ultimo versetto con le seguenti parole: “Paolo interpreta un’epidemia come una punizione divina per la mancanza di carità che ha reso l’eucaristia impossibile” ".

 

Quindi, se uno è inconscio di essere in uno stato di peccato mortale che deve fare? Cosa succede?

Intanto se questa persona non va al confessionale a dire i suoi peccati, come potrà essere in grado di comprendere se si trova in uno stato di peccato mortale o meno?

Dice Giovanni Paolo II nell'Enciclica sopra citata:

"Se poi il cristiano ha sulla coscienza il peso di un peccato grave, allora l'itinerario di penitenza attraverso il sacramento della Riconciliazione diventa via obbligata per accedere alla piena partecipazione al Sacrificio eucaristico".

Ecco una delle grandi responsabilità di Sacerdoti impreparati o persino traditori del proprio ministero loro affidato. Devono essere loro per primi a sollecitare i fedeli con le catechesi, le omelie domenicali, persino il dialogo e l'amicizia, a fare ricorso al confessionale, devono essere loro per primi a fare l'elenco dei peccati mortali che si trovano nel Catechismo e in tutto il Magistero della Chiesa.

E' difficile dire poi che la persona che frequenta la Chiesa e va alla Messa e magari pretende anche l'Eucaristia non sia cosciente di trovarsi, più o meno, in un grave stato di peccato mortale, basta leggere i Dieci Comandamenti la cui disobbedienza ed ostinata ribellione ad uno solo di questi, conduce in uno stato grave di allontanamento da Dio (= allontanamento da Dio: peccato = stato grave: mortale), qui si rileva semmai il silenzio dei Sacerdoti sul valore di questi Comandamenti e l'ignoranza di quei fedeli che non solo non li conoscono, ma spesso ne ignorano il senso o vi attribuiscono interpretazioni blande, mischiate a certa informazione mediatica, o spesso anche contro le dichiarazioni del Sommo Pontefice.

L'ignoranza poi non è affatto una giustificazione né una scusante e le parole di San Paolo sono chiare:

"È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor..5, 19-20).

Lo si deduce dal fatto che quando si parla poi a questi fedeli o Sacerdoti dell'esistenza del peccato mortale, dell'Inferno eterno, di un Giudizio divino, non stanno ad ascoltare, ma si ribellano, rifiutano la vera interpretazione e si ostinano a perseguire ciò che a loro piace di sentirsi dire, attribuendo il tutto al Concilio quale nuovo magistero che avrebbe modificato così tutte le dottrine.

Dice Sant’Agostino a proposito di quelli che pensavano che fosse sufficiente la riconciliazione interiore (Atto penitenziale) senza Sacramento della Penitenza: “Nessuno dica: ‘Faccio la Penitenza privatamente, per conto mio, di fronte a Dio’, e ‘il Dio che perdona conosce quello che compio nel cuore’. Dio allora avrebbe detto senza motivo: ‘ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo!’. Così come senza motivo avrebbe consegnato le chiavi del regno di Dio alla Chiesa! Si può rendere vano il Vangelo? Si possono rendere vane le parole di Cristo?” (Sermone 392, 3).

Nel n. 212 del Compendio del CC, alla domanda: In che cosa consiste l'inferno?

leggiamo la seguente risposta:

"Consiste nella dannazione eterna di quanti muoiono per libera scelta in peccato mortale".

E al n. 291 alla domanda: Che cosa si richiede per ricevere la santa Comunione?

leggiamo:

"Per ricevere la santa Comunione si deve essere pienamente incorporati alla Chiesa cattolica ed essere in stato di grazia, cioè senza coscienza di peccato mortale. Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave deve ricevere il Sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione...."

Non è alla leggera che la Madre Chiesa insegna che normalmente il buon cristiano si confessa ogni mese (i Santi consigliano anche una volta la settimana o ogni 15 gg. specialmente se si è seguiti da un buon Confessore e si sta percorrendo un cammino di conversione). Ma certamente una volta all’anno.

Meno di questo cosa si pretende?

Per una breve distinzione tratta dal Compendio (C.CCC) circa il peccato mortale ed il peccato veniale, si legga qui: https://www.maranatha.it/rituale/23page.htm

Si veda sul Catechismo della Chiesa Cattolica con precisione i vari tipi di azioni che costituiscono, se realizzate con piena avvertenza e deliberato consenso, peccato grave.

Se volessimo fare un elenco non esaustivo potremmo dire che sono peccati gravi/mortali i seguenti atti:

idolatria, magia, stregoneria, occultismo, ateismo, astrologia, avversione e persecuzione e diffamazione verso la Chiesa Cattolica (questi puniti con la scomunica latae sententiae), spergiurare su Dio, omicidio, suicidio assistito, eutanasia, suicidio, aborto (questo punito con la scomunica latae sententiae), violenza sessuale sui minori, e cultura pedofila in genere, atti sessuali fuori dal Matrimonio Cattolico, convivenza more uxorio, atti sessuali disordinati all’interno del Matrimonio Cattolico, adulterio, contraccezione, prostituzione, atti omosessuali, visione e detenzione di materiale pornografico, masturbazione, furto (tale peccato viene assolto solo con la restituzione del mal tolto), diffamazione, odio, mancanza di perdono, bugia dannosa,  calunnia, riduzione in schiavitù.

 

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"Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo". (Benedetto XVI Messaggio per la Quaresima 2012)

Ma diverse sono le obiezioni scatenate dal Protestantesimo che fu il primo ad attaccare i Sacramenti della Chiesa e in specie la Confessione. L'accusa Protestante partiva dal falso concetto che la Confessione servisse alla Chiesa per tenere sotto schiavitù le anime ignoranti, sotto come ad un ricatto morale essendo il Sacerdote venuto a conoscenza dei suoi peccati più oscuri. Dunque la Chiesa avrebbe inventato questo Sacramento per scopo di lucro.

Rispondiamo brevemente per un dovere verso i lettori e della verità:

che il Divino Redentore abbia dato alla Sua Santa Chiesa il "potere" di rimettere i peccati, dando l'avvio così a ciò che è chiamato Sacramento, lo dicono le Sacre Scritture, lo conferma la S. Tradizione e la Chiesa da sempre lo insegna.

Ogni perdono poteva venire solo da Dio attraverso il sacrificio espiatorio, lo ribadisce la Scrittura: "Ego, ego sum ipse, qui deleo iniquitates tuas propter me et peccatorum tuorum non recordabor. / Io, io cancello i tuoi misfatti, per riguardo a me non ricordo più i tuoi peccati." (Is.43,25), tale remissione è la necessità che Dio stesso avverte come urgente "per riguardo a Lui stesso", ma per essere "rimessi", poiché nessuno può toglierseli da se stesso, è necessario che questi peccati vengano confessati, pronunciati, riconosciuti dal penitente e da lui deve essere richiesta la rimozione, poi il Signore Dio nella Sua infinita misericordia e "per riguardo a Se stesso", si prodigherà alla remissione per mezzo dei Suoi Ministri e del Sacrificio espiatorio che è la Santa Messa.

Le accuse o le obiezioni rivolte alla Chiesa furono, per la verità, già rivolte a Nostro Signore, agli occhi degli scribi infatti, attribuirsi un tale potere di rimettere i peccati, era una gravissima bestemmia, che doveva essere punita con la pena capitale (come dicono Levitico 24,11 e Numeri 15,30), ma Gesù risponde adeguatamente all'accusa, con una dimostrazione tipica del modo di pensare giudaico e ben descritto nel Vangelo di S. Marco capitolo 1 vv.17-45 ed anche nel capitolo 2.

"Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua" (Mc.2,9-11).

Questo potere il Signore consegna, comanda ai Suoi Apostoli:

" Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv.20,21-23), è la "potestà" in terra di rimettere i peccati a cominciare dal Battesimo che è una prima remissione, per poi continuare ad insegnare tutto ciò che Lui ha comandato di fare, compresa questa remissione: " docentes eos servare omnia, quaecumque mandavi vobis  /  insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt.28,20), e poiché è compresa questa remissione dei peccati, e che essi ebbero dal loro Maestro la facoltà non solo di rimettere ma pur anche di ritenere, risulta con tutta verità che Gesù conferì loro la potestà  di giudicare dei peccati, evidenziarne la gravità e perdonarli, rimetterli, o persino di "ritenerli non rimessi", secondo le disposizioni d'animo dei peccatori, ossia il rifiuto al pentimento e l'ostinazione a voler continuare a commetterli, e questo proprio "per riguardo a Se stesso" e quindi all'uomo del quale ha voluto assumerne l'umanità per redimerla.

La potestà non è altro che l'atto solenne della insufflazione dello Spirito Santo che rende pratico, vivo e vero ogni Sacramento affidato però alla Chiesa e non a chiunque, non a tutti i battezzati, ma solo agli "amministratori dei misteri di Dio" (1Cor.4); quel "creare di nuovo" che avviene per mezzo dello Spirito Santo, Gesù infatti non ha solo il potere di rivelare il male o ciò che è male, ma Egli si rivela quale Redentore dell'uomo malato, Salvatore e Medico delle Anime, e di questa Redenzione abilita gli Apostoli raccomandando: "Et si quis audierit verba mea et non custodierit, ego non iudico eum; non enim veni, ut iudicem mundum, sed ut salvificem mundum.  / Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo"(Gv.12,47), la Confessione è dunque necessaria, fondamentale, indispensabile a coloro che vogliono salvarsi, chi non vuole salvarsi non va al confessionale e non cerca il perdono di Dio, si esclude dalla salvezza. Per questo è necessaria l'evangelizzazione, per questo sono necessari Sacerdoti obbedienti e che non usino il Confessionale per le loro opinioni: sono le parole di Gesù e la Parola nei Dieci Comandamenti che devono essere trasmessi ed usati per stabilire la conoscenza del male che conduce al peccato!

In tutta la S. Scrittura il concetto di "condanna" deriva dalla scelta dell'uomo quando accetta il risanamento, e allora è salvo, oppure lo rifiuta e allora si condanna da sé. Non c'è bisogno che Gesù lo condanni, egli si esclude dalla Salvezza. Per condannare l'uomo, infatti, non c'era bisogno che il Divin Verbo s'Incarnasse, l'uomo si era già condannato con il primo Adamo. Per salvare l'uomo era necessario, invece, l'intervento di Dio non potendosi, l'uomo, risollevarsi da solo dal grave peccato. "Dio infatti – scrive S. Giovanni – non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Gv 3,17).

Così ammonisce S. Paolo esprimendo la misericordia della remissione e l'avvertimento del "ritenere": " L'ho detto prima e lo ripeto ora, allora presente per la seconda volta e ora assente, a tutti quelli che hanno peccato e a tutti gli altri: quando verrò di nuovo non perdonerò più, dal momento che cercate una prova che Cristo parla in me, lui che non è debole, ma potente in mezzo a voi" (2Cor.13,2-3) è così che la reticenza e l'essere reprobi è una debolezza imperdonabile.

Quanto ai Santi Padri e Dottori della Chiesa, di tutti i tempi, fanno testimonianza in tutti gli insegnamenti della potestà data da Gesù Cristo alla sua Chiesa di giudicare dei peccati e giammai le persone in quanto schiavi delle debolezze.

S. Clemente Romano, già discepolo e compagno di S. Paolo, esorta quelli che avevano promosso i disordini nella chiesa di Corinto, di ravvedersi e di rimanere soggetti ai presbiteri, ed a venir corretti per mezzo della penitenza (Epist. ad Cor. S. Clem. Rom. n.57). E via a seguire con S. Ireneo, Vescovo di Lione nel secondo secolo, S. Cipriano, che ha sviluppato ampiamente, il sistema della penitenza, fino ad arrivare al Concilio di Trento in cui la Chiesa definì che la Penitenza è un vero Sacramento istituito da Gesù Cristo e che le parole del Redentore sopra riportate di S. Matteo cap. 28, sono da intendersi della potestà di rimettere e di ritenere i peccati nel Sacramento stesso della Penitenza o Riconciliazione (S.Conc. Thrid. Sess.XIV can.1).

In definitiva, affinché i peccati possano essere rimossi dalla penitenza, è necessario che il peccatore, il penitente, li detesti facendosi aiutare dai seguenti passaggi che costituiscono la "forma" del Sacramento:

a. contrizione: per mezzo della quale il peccatore si assoggetta all'azione del Sacramento e non alle opinioni personali del Sacerdote;

b. confessione: che per quanto sta al peccatore ripari al male che ha fatto senza omettere alcun peccato, specialmente se mortale;

c. soddisfazione: che è la materia prossima del Sacramento, dopo aver fatto la contrizione e la confessione, è necessaria la soddisfazione, la riparazione del danno fatto.

Detto in parole brevi:

- La Contrizione:

detestare non se stessi ma i peccati commessi, significa proprio aver compreso ciò che ci separava da Dio, e contristarsi per questa separazione e così poter ritornare a Dio.

- La Confessione:

la Confessione è una conseguenza necessaria della potestà concessa da Nostro Signore Gesù Cristo agli Apostoli di giudicare dei peccati, perché per sapere quali potevano essere rimessi e quelli che non potevano essere rimessi subito, dovevano necessariamente conoscerli, né era possibile altrimenti che il peccatore fosse in grado di riconoscerli e confessarli.

- La Soddisfazione (delle pene colla penitenza):

per comprendere che cosa significa questa Soddisfazione, basta sapere che nel Sacramento del Battesimo si rimettono tutte le colpe e tutte le pene in maniera che, pei peccati commessi prima di riceverlo, nessuno è obbligato a soddisfare, non così nel Sacramento della Penitenza perché se è vero che il Signore Dio nella Sua infinita misericordia rimette la colpa ed apre al peccatore la via del perdono, la Divina Giustizia esige che, com'egli colla sua attività personale, peccaminosa, distrusse l'opera della Redenzione, così colla sua personale attività dovrà concorrere al suo ristabilimento, assaporando anch'egli il "calice amaro della passione" che il Divino Redentore bevve per la nostra salvezza.

Questa è la Soddisfazione tanto che, i Santi Padri della Chiesa e gli stessi grandi Santi, parlano di penitenza come ad un "battesimo travagliato" e lo considerano come assolutamente necessario per ottenere il totale perdono dei peccati.

S. Gerolamo la chiama: " la seconda tavola dopo il naufragio, a cui deve appigliarsi il peccatore per lavare con amare lagrime assieme con Pietro le macchie della primiera bruttura" (Epist. 130 ad Demetr.), e ancora, sempre S. Gerolamo: " Nessuna cosa è ripugnante a Dio quanto un cuore pigro ed impenitente, questo è un delitto che non ottiene alcun perdono" (Epist. 147 ad Sabinian.).

Del Santo Curato d’Ars (JeanMarie Vianney, 1786-1859) si conoscono poche cose e, spesso, superficialmente: il fatto che stava in confessionale fino a 16 ore al giorno; il fatto che combatteva con un diavolo da lui stesso soprannominato Grappino; il fatto che fosse ignorante e che, per questo, non lo volessero far prete… Ma, come spesso accade, dietro l’intonaco sta il muro che regge una vita e un senso: il Curato d’Ars, patrono dei parroci, era soprattutto un prete e un uomo di fede.

In questo libro il lettore sarà condotto soprattutto a conoscere il cuore di un prete che «parlò di Dio con tutta la sua vita», attraverso stralci delle sue omelie abbinati ai brani del Vangelo che commentava, ve ne offriamo un passo:

«E confidiamo nella nostra Madre, Maria. Vi ho detto che dobbiamo avere una confidenza cieca in Gesù Cristo, perché siamo sicuri che non mancherà mai di venirci in aiuto in ogni nostra pena, purché andiamo da lui come figli dal padre. Vi dico anche che dobbiamo avere una grande fiducia verso la sua santa Madre, che è così buona, che desidera tanto aiutarci in ogni nostra necessità terrena, ma specialmente quando vogliamo ritornare al buon Dio. Se abbiamo qualche peccato che ci vergogniamo di confessare, gettiamoci ai suoi piedi: siamo sicuri che lei ci otterrà la grazia di confessarci bene e, nello stesso tempo, non mancherà di domandare il perdono per noi (…).

Diciamo pure che la virtù della speranza ci fa compiere tutte le nostre azioni con l’unico scopo di piacere a Dio, e non al mondo. Dobbiamo cominciare a praticare questa bella virtù quando ci svegliamo, offrendo il nostro cuore a Dio con amore, pensando quanto sarà grande la ricompensa della nostra giornata se tutto quello che facciamo lo faremo bene, col solo obiettivo di piacere al buon Dio »(pag.103 - IL VANGELO DEL CURATO D ’ARS - C.Travaglino, San Paolo 2009, pp.192, € 12,00).

Per concludere:

"..... e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor..5, 19-20).

Invitiamo i Sacerdoti innanzi tutto a fare essi stessi ricorso al Confessionale, frequentemente, dando l'esempio per poi abbandonare quel "potere" perverso e pervertitore attraverso il quale hanno sposato l'eresia che porta a cancellare l'esistenza del peccato mortale e dell'Inferno, e induce i fedeli al rischio di una dannazione eterna con loro. L'ignoranza non cancella il peccato grave, a volte lo aggrava ancora di più, quando per esempio si rigetta e si rifiuta la verità.

Vogliamo agire come gli incoscienti Pinocchio e Lucignolo che lasciano la scuola per andare nel paese dei balocchi convinti di trovare l'eterna felicità? Non c'è altra via che il Calvario per raggiungere l'eterna beatitudine, anche con digiuni e penitenze per correggere le nostre debolezze, come insegna la Vergine Santissima in tutte le Apparizioni ufficiali e riconosciute dalla Chiesa.

Su questa via Dolorosa che è anche questa "valle di lacrime" cadremo non una, non due, non tre volte, ma anche dieci o mille, non importa, l'importante è rialzarsi (=confessarsi) è riprendere questa via e restarci, fino al Golgota, fino alla Croce con Cristo. Diversamente ci trasformeremo lentamente in ciuchini che invece di raggiungere la felicità agognata, dovranno restare schiavi di una felicità falsa, deprimente e distruttiva.

 

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