Un nuovo Papa e non un papa nuovo

25.03.2013 13:02

 

Nuovo Papa e non un Papa nuovo

 

Abbiamo ricevuto diverse e-mail che ci chiedevano come mai tanto silenzio sul "Papa nuovo", ci è stato chiesto cosa ne pensiamo e se forse non fossimo contrari a questa elezione.

In verità ci siamo astenuti, di proposito, di perseguire la classica rincorsa mediatica e magari di fare a gara a chi avesse poi sparato le balle più grosse.

Di proposito e perseguendo la virtù della prudenza abbiamo voluto attendere di far passare il ciclone della novità, l'emozione di una elezione, cercando di evitare quella infatuazione alimentata da molte immagini esteriori che solitamente fanno presa sui Media riversandosi, spesso rovinosamente, sulle migliaia di fedeli che sempre attendono qualcosa di "nuovo" e spesso si stancano della quotidianità, o perfino di avere un "vecchio" Papa.

 

Come avrete compreso oggi parliamo dell'uso di questo termine "nuovo".

Cominciamo con il dire che non abbiamo un Papa "nuovo" ma bensì abbiamo un nuovo Papa. La differenza è cosmica! Perciò facciamo attenzione a come usiamo le parole.

Certe parole vengono usate oggi con una tale perversione da insinuarsi all'interno di un gergo cattolico che, però, finisce anche con il diffondere l'errore.

Da dopo il Concilio Vaticano II abbiamo cominciato ad udire sempre più spesso questo termine: una Chiesa "nuova", con il perverso intento di voler usare il Concilio per pretendere dalla "chiesa nuova" anche un corpus dottrinale "nuovo". Tutto "nuovo" perchè il vecchio ha stancato, è "passato", anzi, non è al passo con i tempi. Già San Paolo ammoniva: "Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche", (1Tim.4,1);

"Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia" (Ebr.13,9).

Così come ancora più esplicitamente ammoniva l'allora cardinale Ratzinger pochi giorni prima di essere eletto Sommo Pontefice, alla Messa Pro Eligendo Pontefice:

 

"Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.

Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo.

É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità".

 

"Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo..."

(Efesini 4,14-15).

 

E' proprio la Sacra Scrittura, interpretata correttamente, che ci dice che abbiamo così un "nuovo Papa" e non già una Papa "nuovo - una chiesa nuova" ecc.... La dottrina è immutabile, ed è proprio questa immutabilità che rende all'elezione di ogni Pontefice non una novità sulle dottrine, ma una novità (= termine che viene da nuovo, novello, fresco, giovane, novizio), un concetto di nuovo non nella dottrina immutabile della Chiesa sigillata anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica in ben cinquecento pagine, ma nuovo in quella freschezza tipica di chi, appena eletto, porta sempre una ventata di fresco, di giovanile, nuovi modi per ridonare l'eterna dottrina immutabile.

 

Un "Nuovo Papa" non significa altro che un ricambio nel gestire e nella gestione di quella Dottrina che ogni Pontefice, per dirsi tale, ha l'obbligo e il dovere di trasmettere integralmente e fedelmente. Non dunque nel cambiare la dottrina, ma nel porla in modo fresco, con l'entusiasmo che contraddistingue e accompagna, umanamente parlando, l'impatto del nuovo eletto.

 

Tralasceremo di riportare qui l'odioso e il perverso gioco mediatico del fare i paragoni fra Pontefici. Sono perditempo e nocivi alla pace e salute dell'anima.

Dobbiamo piuttosto far prevalere l'impostazione "nuova, giovanile, fresca" del nuovo Pontefice a riguardo proprio della Dottrina.

Ebbene, Papa Francesco ha cominciato parlando del Diavolo! E noi non possiamo che ringraziarlo visto che ne abbiamo parlato anche qui: DEMONIO INFERNO: come parlarne ai bambini?, e dobbiamo ascoltare il "nuovo Papa", e mettere in pratica quanto dice:

"Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio. Camminare, edificare-costruire, confessare".

(14 marzo 2013: Papa Francesco, Santa Messa con i Cardinali);

 

"La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti! E in questo momento viene il nemico, viene il diavolo, mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente ci dice la sua parola. Non ascoltatelo! Seguiamo Gesù!

Noi accompagniamo, seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù".

(24 marzo 2013: Papa Francesco Omelia Domenica delle Palme)

 

Cosa c'è di "nuovo" in queste parole? Di dottrina nulla, eppure abbiamo udito come certi Media continuano a presentare Papa Francesco come un "segno di rottura" con il suo predecessore Benedetto XVI.

E abbiamo notato anche fra gli stessi Christefideles Laici come questa falsa rottura sia vista in modo gioioso, addirittura come una "speranza nuova" affinché il "papa nuovo" possa rifondare una "chiesa nuova con dottrine nuove"! Ahimè, che risveglio amaro avranno tutti coloro che stanno sperando da Papa Francesco (o pretendendo) una "chiesa nuova" ostaggio di un mondo che mutando pretenderebbe di dettare "dottrine nuove" ai Discepoli di Cristo nostro Signore.

 

"Ma Papa Francesco ha detto che desidera una chiesa povera, non porta la croce dorata, non porta l'anello dorato, non porta le scarpette rosse...."

Signore mio, diremmo davanti a queste idiozie mediatiche, quanta povertà di pensiero!

Riguardo all'autentica povertà trasmessa dal Vangelo, vi rimandiamo volentieri a questo articolo molto ben argomentato: "La vera povertà che non è il pauperismo… della retorica laicista e della demagogia clericale ", qui possiamo aggiungere che l'autentica povertà insegnata dal Vangelo conduce inevitabilmente alle Beatitudini nelle quali sono descritte nitidamente tutte le virtù che dobbiamo vivere per dirci davvero "poveri" ed entrare nel Regno promesso.

Gesù non toglie dall'afflizione, ma dice "beati gli afflitti"; Gesù non elimina la povertà ma dice "beati quelli che hanno fame e sete di giustizia..."

Insomma, la povertà nel Vangelo è persino auspicabile ma non come fine, piuttosto come mezzo per giungere ad un fine.

Spogliare la Chiesa, dunque, non significa ridurla sul lastrico come vorrebbe certa massoneria e certo pensiero progressista, catto-comunista, modernista, affinché tale Chiesa impoverita di mezzi materiali non possa più andare per il mondo a predicare Cristo, significa piuttosto spogliarsi di quei segni legittimi come accadde per Gesù.

Cosa ci insegna infatti san Paolo?

"Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.

Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre." (Fil 2,7).

Affinché anche la Chiesa, e noi con Lei possiamo davvero essere esaltati (=santificati) dal Padre, dobbiamo avere in noi: " gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù ".

Gesù visse una povertà rivolta esclusivamente al vero fine: la nostra purificazione. Lui non visse affatto da povero, non andava in giro con le toppe ma portava una tunica talmente preziosa che i soldati si guardarono bene dal strapparla, ma la tirarono a sorte; Gesù dimostra che non aveva preoccupazioni per mangiare, anzi, Lui stesso preannunciando di essere quel Cibo che salva, sfamerà la folla con la moltiplicazione dei pani e dei pesci; Gesù dimostra che quando gli occorre qualcosa come un puledro o la stanza dove consumare l'Ultima Cena, Egli sa dove andare; Gesù dimostra di avere anche come pagare la tassa del tempio e non solo, ma elogia l'obolo della vedova e difende la raccolta dei fondi e il tesoro del tempio; Gesù fa tenere una cassa fra gli Apostoli che come sappiamo era gestita da Giuda, il traditore, che si occupava certamente di dare anche ai poveri ciò di cui avevano bisogno, ma di pensare anche al decoro stesso di Cristo e della piccola comunità alla quale nulla mancava; Gesù in definitiva non ha mai chiesto la carità, ma si è fatto mendicante dei nostri cuori, delle nostre anime: " non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo", il vero povero nella Chiesa è colui che si fa servo del prossimo. Perciò anche i poveri devono farsi servi. Il vero povero è colui che esce dalla condizione miserevole del peccato, e dalla stessa povertà intesa proprio come miseria e contro la quale sì, abbiamo il dovere di fare qualcosa: togliere il povero dall'indigenza con i mezzi che ci sono propri.

 

Sarebbe persino superfluo stare a ripetere che certe croci dorate e anelli dorati non sono affatto di oro massiccio e che in tempo di grave crisi economica il gesto di Papa Francesco (che porta non materiale di ferro come si è detto, ma di argento e vuole portare la croce pettorale (di peltro) che gli fu donata quando venne eletto Vescovo e che quindi racchiude anche un valore affettivo, che continuò a portare anche da cardinale) può senza dubbio aiutare gli animi più sensibili dai quali, però, ci si attende la medesima sensibilità e accuratezza a non infangare i Predecessori che preferirono portare le insigne dorate.

 

Vogliamo concludere queste riflessioni con una saggia fatta da un sacerdote e che riteniamo utile all'articolo:

 

Il cardinale Bergoglio in una sua omelia del 2005, dedicata al tema della vita, egli ebbe a dire:

“Quando si ascolta ciò che Gesù dice: Guarda, «Io mando voi, io vi mando come pecore tra i lupi», si vorrebbe chiedere: «Signore, stai scherzando, o non hai un posto migliore dove mandarci?».

Perché ciò che Gesù dice fa un po’ paura: «Se annunzierete la mia parola, vi perseguiteranno, vi calunnieranno, vi tenderanno trappole per portarvi davanti ai tribunali e farvi uccidere». Ma voi dovete andare avanti. Per questo motivo, fate attenzione, dice Gesù, siate astuti come i serpenti ma molto semplici come colombe, unendo i due aspetti. Il cristiano non può permettersi il lusso di essere un idiota, questo è chiaro. Noi non possiamo permetterci di essere sciocchi perché abbiamo un messaggio di vita molto bello e quindi non possiamo essere frivoli. Per questo motivo Gesù dice: «Siate astuti, state attenti». Qual è l’astuzia del cristiano? Il saper distinguere fra un lupo e una pecora. E quando, in questo celebrare la vita, un lupo si traveste da pecora, è saper riconoscere quale sia il suo odore. «Guarda, hai la pelle di una pecora, ma l’odore di un lupo». E questo, questo compito che Gesù ci dà è molto importante. È qualcosa di davvero grande”.

In cosa consisterebbe la nuova era? Su cosa sarebbe fondata? Forse sul creato o sull’amore universale? Forse su una liturgia spoglia? Forse su un S. Francesco che non appare più come « uomo cattolico e tutto apostolico », secondo la felice espressione di Pio XI? Come osservava quel Papa, ” nei nostri tempi, molti, infetti dalla peste del laicismo, hanno l’abitudine di spogliare i nostri eroi della genuina luce e gloria della santità, per abbassarli ad una specie di naturale eccellenza e professione di vuota religiosità, lodandoli e magnificandoli soltanto come assai benemeriti del progresso nelle scienze e nelle arti, delle opere di beneficenza, della patria e del genere umano. Non cessiamo perciò dal meravigliarci come una tale ammirazione per San Francesco, così dimezzato e anzi contraffatto, possa giovare ai suoi moderni amatori, i quali agognano alle ricchezze e alle delizie, o azzimati e profumati frequentano le piazze, le danze e gli spettacoli o si avvolgono nel fango delle voluttà, o ignorano o rigettano le leggi di Cristo e della Chiesa” (Lettera Enciclica “Rite expiatis”, 30 aprile 1926).

Questa nuova era, tanto simile nella freddezza dei termini al nuovo mondo di farneticanti telepredicatori, se non proprio al pensiero del New Age, sarà riconducibile alle parole del Papa? Non è che voglia avvalersi piuttosto delle parole del Papa per rendere autorevoli i propri pensieri?

Intanto, fino a questo momento, il solo che sembri rimetterci è Benedetto XVI, accusato persino di aver manipolato la liturgia in opposizione alla leggi della Chiesa. Non avrebbe meritato questo, specialmente da tanti che, fino ad un mese fa, erano intenti ad elogiare i grandi temi del suo pontificato. Col senno del poi (tanto brutto tra cristiani, ma opportuno tra uomini), dovendo riconoscere che nessuno avrebbe potuto dire in anticipo qualcosa sul pensiero del nuovo Papa, possiamo pensare ad una sorta di “captatio benevolentiae” preventiva. Pare, insomma, che il salire in anticipo sul carro del vincitore, non sia un principio affermato soltanto nel mondo. Ma siamo sicuri adesso che questo pensiero, tanto osannato, sia quello del Papa? Siamo sicuri che il biasimo del povero Benedetto alla fine paghi veramente? E’ lecito nutrire qualche dubbio. Soprattutto quando il coro, alla fine, si rivela per quello che è.

Don Antonio Ucciardo

 

Rammentiamo il grande riconoscimento che Papa Francesco ha fatto di Papa Benedetto XVI quando è andato a trovarlo: nel donargli una icona Papa Francesco gli ha detto "mi hanno detto che si chiama la Madonna dell'umiltà e, mi permetta di dirle una cosa, ho pensato a lei, alla sua umiltà durante tutto il suo pontificato (e Benedetto XVI ringraziava), ci ha dato tanto esempio di umiltà, davvero (mentre Benedetto XVI continuava a ringraziare), di tenerezza... e ho pensato a lei", mentre Benedetto XVI ringraziando aggiungeva: non dimentichiamola mai (la Madonna dell'umiltà).

Mentre abbiamo trovato davvero squallido che il portavoce della Santa Sede abbia riportato esclusivamente il termine "siamo fratelli" anziché riportare questo breve dialogo fra due grandi Pontefici come grandi lo sono stati un po tutti i Pontefici in questo martoriato Novecento e inizi del Nuovo Millennio.

 

 

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