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Insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna (2Tim.4,2)

18.12.2012 18:26

 

Ci sono Vescovi e vescovi  (il maiuscolo ed il minuscolo non sono casuali nel titolo, come nell'articolo)

Quanto segue trova radice in un articolo del Blog "Senza peli sulla lingua", e da noi ulteriormente approfondito.

Se c’è una questione chiara, definitivamente risolta, questa è l’esclusione delle donne dal Sacramento dell’Ordine.
Eppure esiste un folto gruppo  di cattolici "radical chic", spesso guidato in sordina da alcuni vescovi ( o veceversa, vescovi che si lasciano guidare da questi laici), che sovente torna all'attacco cercando di obbligare la Chiesa a piegarsi alle loro imposizioni di potere.
Sì, perchè l'imposizione del sacerdozio femminile è una matrice di potere, potere protestante contro la legge della Chiesa, poteri forti che sotto il pretesto di una falsa uguaglianza, pretendono di dominare il culto della Chiesa il quale, a questo punto, non sarebbe più "dato, donato, sceso dall'Alto", ma un culto proveniente dal basso, soggettivo, divenendo un diritto-possessivo, sotto il controllo del potere dominante e della moda (femminista in questo caso) dominate.

In un articolo del settembre 2012, dopo la morte del cardinale Martini, si riporta come elogio il fatto che egli, in modo garbato e non aggressivo, volesse far comprendere alla Santa Sede e al Papa in primis, che fosse giunta l'ora di cedere su questo argomento. Naturalmente questa posizione è stata accolta da tutti gli ambienti catto-progressisti, facendo del medesimo cardinale l'icona dell'ennesimo "santo" incompreso, e della Chiesa una "cattiva matrigna", antica e non al passo con i tempi.
Tutti gli elementi per risolvere la questione erano già contenuti nella dichiarazione della Sacra Congregazione per la dottrina della fede Inter insigniores del 15 ottobre 1976. L’unico limite di quella dichiarazione era la sua “nota dottrinale”: essa veniva presentata come un documento “disciplinare, autorevole e ufficiale”, ma non “infallibile né irreformabile” (cf Enchiridion Vaticanum, vol. 5, pp. 1392-3, in nota). Forse proprio per tale motivo quella dichiarazione non pose fine alle discussioni in materia. Fu cosí che Giovanni Paolo II si sentí costretto a intervenire di nuovo, in maniera piú autorevole, con la lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis del 22 maggio 1994. Non venivano portate nuove motivazioni a sostegno della non-ammissione delle donne al sacerdozio.

Si trattava semplicemente di porre fine alle interminabili discussioni in materia:
«Benché la dottrina circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti piú recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.
«Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa» (n. 4).

 Le espressioni usate non lasciano dubbi. Eppure anche in questo caso ci fu bisogno di un ulteriore intervento della Santa Sede per precisare il valore del pronunciamento pontificio. Ciò avvenne con la risposta a un dubbio da parte della Congregazione per la dottrina della fede in data 28 ottobre 1995:
«Dubbio: Se la dottrina, secondo la quale la Chiesa non ha la facoltà di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne, proposta nella Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis, come da tenersi in modo definitivo, sia da considerarsi appartenente al deposito della fede. Risposta: Affermativa.
«Questa dottrina esige un assenso definitivo poiché, fondata nella Parola di Dio scritta e costantemente conservata e applicata nella Tradizione della Chiesa fin dall’inizio, è stata proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale (cf Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, 25, 2). Pertanto, nelle presenti circostanze, il Sommo Pontefice, nell’esercizio del suo proprio ministero di confermare i fratelli (cf Lc 22:32) ha proposto la medesima dottrina con una dichiarazione formale, affermando esplicitamente ciò che si deve tenere sempre, ovunque e da tutti i fedeli, in quanto appartenente al deposito della fede».

Tale intervento della CDF, a firma dell'allora Cardinale Ratzinger, precisa che la dottrina contenuta nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis è definitiva e infallibile (praticamente si tratta del secondo caso in cui è stata esercitata l’infallibilità pontificia dopo la sua definizione nel Concilio Vaticano I; la prima volta era stata con il dogma dell’Assunzione). A questi interventi specifici vanno aggiunti il can. 1024 «Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile» e, se questo non dovesse apparire sufficiente per il suo carattere giuridico, il n. 1577 del Catechismo della Chiesa cattolica dice:
«“Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile [“vir”]”. Il Signore Gesù ha scelto uomini [“viri”] per formare il collegio dei dodici Apostoli, e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero loro succeduti nel ministero. Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici. La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso. Per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile».

Che altro ci si dovrebbe aspettare dalla suprema autorità della Chiesa per porre fine alle discussioni su una determinata questione?
Appare evidente che "poteri occulti e forti" vorrebbero imporre alla Chiesa ciò che non è possibile modificare. Probabilmente la Chiesa (intesa nella sua legittima autorevolezza ) questo lo sa bene e forse proprio per questo non pretende più il silenziatore nei confronti di chi, come il cardinale Martini, o il vergognoso brindisi del cardinale Tettamanzi con una pretessa (vedi foto), in modo subdolo e perverso, pretendevano (o pretenderebbero ancora) radicali cambiamenti in talune dottrine.
La Chiesa, in qualità di Madre, forse pensa e spera che il Magistero ufficiale proclamato sia sufficiente per mettere in guardia i fedeli dai cattivi pastori, dai falsi maestri, dagli imbonitori tuttavia, guardando la foto stessa, non era forse compito di quel cardinale mettere in guardia la pretessa di trovarsi di fronte ad un grave peccato e ad una usurpazione di ruolo, anzichè brindare insieme per la sua promozione al ministero che non le compete?
Certo, trattandosi di una comunità eretica, il cardinale poteva non intromettersi nella discussione, ma qui l'ospite è proprio il cardinale, e come si sarebbe comportato un san Carlo Borromeo? Avrebbe davvero brindato con una pretessa, per giunta di una comunità eretica che rifiuta di riconoscere il Primato Petrino nello svolgimento del suo legittimo ministero; che usa la liturgia per benedire situazioni che nella dottrina cattolica sono gravi forme di peccato e di adulteri?
Le pecorelle già smarrite dallo stordimento mondano, come potrebbero ritornare all'ovile davanti a queste situazioni ambigue?
Chi mette in pratica la Parola di Dio se certo Clero gerarchico brinda con le pretesse o va dicendo che è giunta l'ora di cambiare dottrina e restano ai loro posti di comando e di potere? Non è forse anche questo parte dello scandalo denunciato dal Cristo?
"praedica verbum, insta opportune, importune, argue, increpa, obsecra in omni longanimitate et doctrina.
* annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina".
(2Tim.4,2)

Dal «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo (XXV settimana del Tempo Ordinario, Uff. delle Letture )
(Disc. 46, 14-15; CCL 41, 541-542)

Insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna
«E non avete riportato le disperse, non siete andati in cerca delle smarrite» (Ez 34, 4). Da questo momento ci troviamo come tra le mani di ladri e le zanne di lupi furiosi e per questi pericoli vi domandiamo preghiere. Per di più anche le pecore non sono docili. Se noi andiamo in cerca di loro quando si smarriscono, dicono, per loro errore e per loro rovina, che non ci appartengono. Perché ci desiderate, esse dicono, perché venite in cerca di noi? Come se il motivo per cui le desideriamo e le cerchiamo non sia proprio questo, proprio il fatto cioè che sono smarrite e si perdono. Se sono nell'errore, dicono, se sono vicino a morte, perché mi desideri? Perché mi cerchi?

Rispondo: Perché sei nell`errore, voglio richiamarti; perché ti sei smarrito, voglio ritrovarti. Replicano: Voglio smarrirmi così, voglio perdermi così.
Così vuoi smarrirti, così vuoi perderti? Ma io con tanta maggior forza non voglio questo. Te lo dico chiaramente: Voglio essere importuno. Poiché mi risuonano alla mente le parole dell'Apostolo che dice: «Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna» (2 Tm 4, 2). Per chi a tempo opportuno e per chi a tempo non opportuno? Certamente a tempo opportuno, per chi vuole; a tempo inopportuno, per chi non vuole. Sono proprio importuno e oso dirtelo: Tu vuoi smarrirti, tu vuoi perderti, io invece non lo voglio.
Alla fin fine non lo vuole colui che mi incute timore. Qualora io lo volessi, ecco che cosa mi direbbe, ecco quale rimprovero mi rivolgerebbe: «Non avete riportato le disperse, non siete andati in cerca delle smarrite». Devo forse avere più timore di te che di lui? «Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo» (2 Cor 5, 10).
Riporterò quindi la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita; che tu voglia o no, lo farò. Anche se nella mia ricerca sarò lacerato dai rovi della selva, mi caccerò nei luoghi più stretti, cercherò per tutte le siepi, percorrerò ogni luogo, finché mi sosteranno quelle forze che il timore di Dio mi infonde. Riporterò la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita. Se non vuoi il fastidio di dovermi sopportare, non sperderti, non smarrirti: E' troppo poco se io mi contento di affliggermi nel vederti smarrita o sperduta. Temo che, trascurando te, abbia ad uccidere anche chi è forte. Senti infatti che cosa viene dopo: E le pecore grasse le avete ammazzate (cfr. Ez 34, 3).
Se trascurerò la pecora smarrita, la pecora che si perde, anche quella che è forte si sentirà trascinata ad andar vagando e a perdersi.

 

Le cinque piaghe della Chiesa nel beato Rosmini

17.12.2012 11:51

 

Dal libro citato "Quello che i preti non dicono (più)", diventa fondamentale per noi riportare, dalla pag. 67, il passo provocatorio "il più grande degli anticlericali cattolici: il beato Antonio Rosmini Serbati" il quale aveva già a suo tempo  reso visibile il peso di certe "incrostazioni" nella struttura ecclesiastica.

"Parlando del clero dei secoli precedenti a lui, lo definì - reso servo e vile adulatore dei principi - , e ancora - fuorviato, accecato dai beni temporali e assuefatto a mercanteggiare dignità e coscienza - Tanto che - il mondo rigurgita (...) di un numero eccedente d'inutili sacerdoti....- Analisi spietata nella sua opera Delle cinque piaghe della Santa Chiesa, attraverso le quali Rosmini analizza le dinamiche storiche umane della Chiesa, degli uomini operanti in Essa, suggerendone la cura.

Quali sono dunque queste cinque piaghe che affliggono la Chiesa?

1. La divisione del popolo dal Clero;

2. l'insufficiente educazione-formazione del Clero;

3. la divisione tra i Vescovi;

4. la nomina dei Vescovi abbandonata al potere laicale;

5. la servitù dei beni ecclesiastici.

Di queste cinque piaghe che affliggevano la Sposa di Cristo, la Santa Sede è riuscita a farne guarire una sola, l'ultima, quella legata alle finanze. Poi fu risanata in parte anche la penultima piaga, quella legata alle nomine dei Vescovi  (trattandosi di un argomento molto più complesso, lo lasceremo per un eventuale ulteriore approfondimento a parte).

"Nemo militans implicat se saeculi negotiis, ut ei placeat, qui eum elegit; si autem certat quis agone, non coronatur nisi legitime certaverit.
*  Nessuno però, quando presta servizio militare, s'intralcia nelle faccende della vita comune, se vuol piacere a colui che l'ha arruolato.
Anche nelle gare atletiche, non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole. " (2Tim. 2,4).

La provocazione di Rosmini era un richiamo allarmante all'evidente decadenza del Clero, e soprattutto dei Vescovi, i quali non avevano o non manifestavano più passione per le anime, preoccupazione per la loro salvezza, clissando sul vero ruolo della loro missione che è "ministero a servizio delle anime da salvare". In tal contesto Rosmini arriva persino a criticare come empi i "concordati", così ancora attivi anche ai tempi nostri. Per il neo Beato (beatificato da Benedetto XVI nel 2007) i concordati sono delle vere e proprie umiliazioni "con i quali la Madre dei fedeli è costretta da figli malcontenti a scendere a patti con essi (...) fra le tante sciagure ch'ebbe, la Chiesa cadde in tanto avvilimento da essere costretta a venire a siffatti patti con i fedeli! Tanta umiliazione fu dovuta ai peccati del clero:  "Vos estis sal terrae; quod si sal evanuerit, in quo salietur? Ad nihilum valet ultra, nisi ut mittatur foras et conculcetur ab hominibus".
* Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. (Mt.5,13).

Scrive il beato Rosmini: "Vero è che non essendo il governo istituito da Gesù Cristo nella sua Chiesa una dominazione terrena, ma un servigio in favore degli uomini, un ministero di salute per le anime; egli non è retto dall'arbitrio di una dura autorità, non si picca di un crudo diritto; ma egli si piega, e, fondato nell'umiltà e nella ragione, riceve la legge, per così dire, da quei soggetti medesimi in vantaggio de' quali è stato istituito, e la sua mirabile costituzione è appunto quella di potere ogni cosa pel bene e niente pel male: tale è la sola sua superiorità, il solo diritto che egli vanta, il diritto di giovare. Indi quel dolce principio dell'ecclesiastico reggimento, che in tutto manifestavasi ne' primi secoli della Chiesa..".

E allora, perchè tanta critica sui concordati? Nel libro citato riporta una valevole spiegazione che condividiamo: " Probabilmente perchè il beato vedeva nei concordati uno strumento con cui i preti mettevano sul piatto della bilancia di una trattativa ciò che non si può trasformare in oggetto di transizione", dice infatti il beato: " Vero è che con i concordati, o con qualsiasi altra convenzione umana, non si può derogare ai diritti divini e immutabili della Chiesa; perchè non si può restringere il suo potere legislativo ricevuto da Gesù Cristo, nè diminuire in alcun modo quella pienezza di autorità per la quale Ella può tutto per il bene, e quindi può comandare, può ingiungere ai fedeli senza limite di sorta quanto trova necessario e  utile alla loro eterna salute, e all'incremento sopra la terra del Regno di Cristo".

Questa affermazione sottolinea l'importante distinzione (ma non separazione) tra il potere civile-laico (lo Stato - Cesare) e il potere della Chiesa, il potere divino e immutabile che non riguarda solo i fedeli battezzati, ma che troviamo scritto nell'esistenza di ogni uomo e perciò parliamo oggi di "legge naturale" e dei "valori inviolabili" sui quali tutto il Magistero Pontificio del '900 e fino ad oggi, continua incessantemente a sottolinearne l'autorevolezza, l'importanza e l'imprescendibilità.

A questo proposito è bene unire il recente Messaggio per la Pace 2013 firmato da Benedetto XVI del quale sottolineamo questi passi:

"In effetti, i nostri tempi, contrassegnati dalla globalizzazione, con i suoi aspetti positivi e negativi, nonché da sanguinosi conflitti ancora in atto e da minacce di guerra, reclamano un rinnovato e corale impegno nella ricerca del bene comune, dello sviluppo di tutti gli uomini e di tutto l’uomo. (..)
 le beatitudini non sono solo raccomandazioni morali, la cui osservanza prevede a tempo debito – tempo situato di solito nell’altra vita – una ricompensa, ossia una situazione di futura felicità. La beatitudine consiste, piuttosto, nell’adempimento di una promessa rivolta a tutti coloro che si lasciano guidare dalle esigenze della verità, della giustizia e dell’amore. Coloro che si affidano a Dio e alle sue promesse appaiono spesso agli occhi del mondo ingenui o lontani dalla realtà.
(..)
 La pace concerne l’integrità della persona umana ed implica il coinvolgimento di tutto l’uomo. È pace con Dio, nel vivere secondo la sua volontà. È pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato. (..) la pace è ordine realizzato nella libertà, nel modo cioè che si addice alla dignità di persone, che per la loro stessa natura razionale, assumono la responsabilità del proprio operare. (..)
Proprio per questo, la Chiesa è convinta che vi sia l’urgenza di un nuovo annuncio di Gesù Cristo, primo e principale fattore dello sviluppo integrale dei popoli e anche della pace. Gesù, infatti, è la nostra pace, la nostra giustizia, la nostra riconciliazione (cfr Ef 2,14; 2 Cor 5,18).
(..)
Via di realizzazione del bene comune e della pace è anzitutto il rispetto per la vita umana, considerata nella molteplicità dei suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino alla sua fine naturale. Veri operatori di pace sono, allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice della pace. Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita.
Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria. La fuga dalle responsabilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace. Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei popoli o la stessa salvaguardia dell’ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri? Ogni lesione alla vita, specie nella sua origine, provoca inevitabilmente danni irreparabili allo sviluppo, alla pace, all’ambiente. Nemmeno è giusto codificare in maniera subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell’essere umano e sull’abile utilizzo di espressioni ambigue, volte a favorire un preteso diritto all’aborto e all’eutanasia, minacciano il diritto fondamentale alla vita.
Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale.
Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace".

***

Riprenderemo più avanti l'analisi delle cinque piaghe. Per ora ci sembra di aver dato sufficiente materiale sul quale riflettere e attraverso il quale ricordare ai nostri Sacerdoti la vera dottrina della Chiesa e, ricordare ai Vescovi, che non sono stati mandati per cambiarla, modificarla, o per usarla nei compromessi politici per ottenere favori ed elargizioni. Essi sono chiamati a vigilare affinchè questa dottrina venga diffusa, raggiunga il maggior numero di persone possibili per il bene e la salvezza stessa delle Anime loro affidate.

 

 

Occorre rifuggire da richiami pseudopastorali

15.12.2012 19:51

Da alcune riflessioni fatte da Rino Cammilleri nel suo libro: "Antidoti. Contro i veleni della cultura contemporanea " (che raccomandiamo di leggere integralmente), facciamo nostre le seguenti considerazioni, scusandoci per la lunga ma doverosa citazione che segue, seppur inserita tra nostre brevi incursioni:


Di fronte all'ennesimo "credente e praticante" che mi oppone i "mea culpa" della Chiesa, stufo di arrampicarmi sugli specchi per spiegare "ciò che veramente ha detto il papa", dichiaro forfait!
La gente oggi parla (e intende) la lingua dei titoli dei giornali e dei talkshow, cioè slogan. Figurarsi se legge i lunghissimi e verbosissimi documenti della Chiesa (ma il Concilio non serviva per semplificare?).
Neanche i preti li leggono (neppure i vescovi i quali però pretendono che le loro pastorali siano lette ed applicate nella diocesi).
Mi domando se la Gerarchia ecclesiastica se ne renda conto.
Ormai, il Cattolicesimo, è diventato ciò che i sociologi chiamano un "Movimento carismatico", cioè un aggregato (piccolo o grande, non importa) di persone che seguono un leader, il Papa in questo caso..
Non c'è più, tra "vertice e base", un laicato che traduca le direttive del Capo in azione politica in linguaggio concreto, in strutture autonome e armonizzate al fine di (ri)costruire una vera ed autentica civiltà cristiana.
Così, mancando questo diaframma, il popolo cattolico ha finito per usare il linguaggio dei preti, i quali parlano (ovviamente) da preti.
Ed è per questo che un bonismo francescaneggiante è ciò che ormai concretizza e caratterizza la mentalità cattolica.

- Tanto per fare un esempio: il sale che dobbiamo essere e che sulle ferite brucia, lo hanno trasformato in zucchero, seminando il diabete.

Ed è per questo che la "posizione" cattolica si è ridotta al no all'aborto e al preservativo (tanto per citare un esempio) come una sorta di slogan più che in senso veramente dottrinale e di conseguenza inamovibile; due posizioni che tra l'altro ben pochi cattolici sono in grado di motivare sensatamente senza far ricorso alla lingua di legno clericale delle "nuove pastorali":
< donarsi reciproco - apertura alla vita - diritto alla vita - tolleranza...>
(...)
E' del 2007  un'inchiesta condotta in Francia, i dati sono preoccupanti:
- la stragrande maggioranza dei Cattolici crede che la missione della Chiesa sia la lotta contro la povertà e per la pace nel mondo, idem per coloro che si sono definiti "praticanti" e di cui solo uno su tre  ha detto che la vera missione della Chiesa consiste nel far conoscere il messaggio di Cristo;
- il 62% dei Cattolici ha affermato che il messaggio della Chiesa insegna che tutte le religioni sono uguali e si equivalgono, idem per il 63% dei cattolici che si dicono "praticanti".
Facendo un rapido calcolo dell'età degli intervistati parliamo proprio della generazione del "dopo-Concilio", a tale crollo è ovvio che non ci si è arrivati in un giorno, ciò getta un'ombra inquietante sui tanti "maestri e pastori" del post-concilio, vescovi e teologi, preti e laici, che continuamente rifacendosi allo "spirito del Concilio" (termine condannato dal card. Ratzinger in Rapporto sulla fede), richiamandosi continuamente a quei Documenti come se la Chiesa non avesse mai parlato nè scritto altro in passato, dimostrano chiaramente il dramma di questi "frutti" e difficilmente potrebbero rallegrarsene.

Nel suo libro "Pecore e pastori" (del quale suggeriamo la lettura) il cardinale Giacomo Biffi afferma: " La prima misericordia di cui abbiamo bisogno è la luce impietosa della Verità"
a pag. 95 dice ancora:
"Una delle cose che mi impressionano di più è che al giorno d'oggi non è tanto l'eresia quanto l'ortodossia a fare notizia.
Oggi sempre più frequentemente ci si meraviglia da molti quando un papa o un vescovo dice ciò che la Chiesa ha sempre detto (e non può non dire perchè appartiene al suo patrimonio inalienabile); come se fosse ormai persuasione pacifica che anche la Chiesa non creda più al suo messaggio di sempre.
Talvolta in qualche settore del mondo cattolico si giunge persino a pensare che debba essere la divina Rivelazione ad adattarsi alla mentalità corrente per riuscire "credibile",  e non piuttosto che si debba "convertire" la mentalità corrente alla luce che ci è data dall'alto. Eppure si dovrebbe riflettere sul fatto che "conversione" non "adattamento" è parola evangelica".

Se il Concilio nelle intenzioni descritte da Giovanni XXIII nel Discorso di apertura, intendeva  trovare solo nuove vie pastorali, più semplici, per far fronte alle sfide della modernità, il risultato dopo 40 anni è devastante e nel caso dell'inchiesta qui sopra, la Chiesa in Francia, per i francesi cattolici, praticanti e non, è solo "una agenzia filantropica e che una religione vale l'altra!"
Al termine evangelico di "conversione" è seguita quella dell' adattamento, della conciliazione a discapito della verità.
Purtroppo questa realtà descritta non è solo della Chiesa in Francia, tra il Belgio e la Spagna le cose non vanno meglio, in Italia la Chiesa è considerata una "aggregazione carismatica" il cui leader è il Papa, a dimostrazione del danno generato e che nè preti nè vescovi spendono il proprio tempo per leggere e studiare come mettere in pratica le Encicliche e i Motu Proprio del Pontefice.

"Occorre rifuggire da richiami pseudopastorali che situano le questioni su un piano meramente orizzontale, in cui ciò che conta è soddisfare le richieste soggettive per giungere ad ogni costo alla dichiarazione di nullità, al fine di poter superare, tra l’altro, gli ostacoli alla ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Il bene altissimo della riammissione alla Comunione eucaristica dopo la riconciliazione sacramentale, esige invece di considerare l'autentico bene delle persone, inscindibile dalla verità della loro situazione canonica. Sarebbe un bene fittizio, e una grave mancanza di giustizia e di amore, spianare loro comunque la strada verso la ricezione dei sacramenti, con il pericolo di farli vivere in contrasto oggettivo con la verità della propria condizione personale".
(Discorso Benedetto XVI alla Sacra Rota 29.1.2010)

Come ha scritto recentemente Benedetto XVI, «i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato»
(Motu Proprio Porta fidei, n. 4).

Questi "contenuti della dottrina, che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti"  attendono di essere confermati dai Vescovi, dai Parroci, e non modificati, censurati, oscurati come sta avvenendo da anni.
L'antidoto a questa devastazione sta proprio in questo Anno della Fede se il Clero e i loro Pastori applicheranno alla lettera, senza ulteriori deformazioni, le richieste del Sommo Pontefice e, non per secondo, il monito di Cristo di andare e predicare il Vangelo mettendo in pratica "tutto" e non solo una parte, tutto quanto Egli ha comandato.

 

 

Il vero "potere" della Chiesa

14.12.2012 11:37

Paolo VI disse: “L’interesse per il rinnovamento conciliare da molti è stato rivolto all’accettazione delle forme e dello spirito della Riforma protestante” (15.1.1969).
“Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia” (Intervista a G. Guitton, Paolo VI segreto).   

Don Divo Barsotti è un anziano prete, scrittore e fondatore di un istituto secolare, tanto stimato da Paolo VI da volerlo come predicatore nei suo esercizi spirituali nella Quaresima del 1971, in pieno caos contestatario.
Disse in una intervista: “Ci sono oggi teologi che credono possibile superare i dogmi; si impegnano in “riletture” che in realtà ne svuotano i contenuti. È vero, è indispensabile aprirsi ai valori di altre culture diverse dalla latina, ma ciò non significa un “pluralismo teologico” come l’intendono in tanti: il Cristo è colui che assume ciò che c’è di buono e di valido ovunque, ma lo incorpora, lo trasforma, lo fa inconfondibilmente suo, in quel corpo che è la Chiesa. Al termine del processo di “apertura” non c’è la divisione, non c’è neppure il pluralismo: c’è l’unità...
La fede è poi minacciata da teologi intimoriti: c’è il complesso d’inferiorità dei latini verso ciò che è scritto in tedesco; c’è il complesso d’inferiorità della cultura cristiana verso quella laica, per cui si prende sul serio ogni sproposito che venga dall’incredulità o dall’agnosticismo, senza controbatterlo in nome della verità, come sarebbe doveroso.
Paura anche dell’impopolarità, per cui certuni riducono il vangelo a ciò che (presumono) si aspetta la gente, dimenticando che Gesù stesso ha voluto deludere il suo popolo. La purezza sessuale, la penitenza, la vita eterna: temi che si evitano ormai nella predicazione, per timore di non riuscire abbastanza “simpatici”.
Ma che ce ne faremo di un cristianesimo così? La carità non è filantropia: questa mette al primo posto l’uomo, quella l’uomo anch’essa, ma per amore di Dio. E ciò cambia tutto” (V. Messori, Inchiesta sul cristianesimo).

***

Nel 1971, Don Barsotti, fu chiamato in Vaticano a predicare gli esercizi spirituali di inizio Quaresima al Papa Paolo VI e alla curia romana.
Nelle prediche toccò il tema del potere di Pietro e disse - come poi ricordò nei suoi diari - che “la Chiesa ha un potere coercitivo perché Dio glielo ha affidato, e allora deve usarlo. In quegli anni infatti nella Chiesa dilagava l’anarchia e nelle chiese del Nord Europa ci si faceva beffe del Santo Padre“. Per “potere coercitivo“
Barsotti intendeva l’affermazione della verità e la condanna dell’errore, esattamente ciò che il Concilio Vaticano II e gran parte della gerarchia cattolica dopo
di esso avevano rinunciato a fare, come egli disse e scrisse più volte: una rinuncia “che praticamente negava l’essenza stessa della Chiesa”.
Di Giovanni Paolo II Barsotti era convinto ammiratore, per lo stesso motivo per il quale l’intellighenzia cattolica lo svalutava: “Ciò che maggiormente ci ha fatto capire che Cristo è presente in questo Papa è l’esercizio di un magistero che, più dell’ultimo Concilio, ha confermato la verità e ha condannato l’errore”.
Un Papa che “ha sempre insegnato l’esclusività della fede cristiana: solo Cristo salva”.
(fonte: www.fedeecultura.it )

***

Ricordiamo la Ad Tuendam fidem del 1998 con la quale Giovanni Paolo II inserì nel Codice di Diritto Canonico i seguenti due articoli:

Can. 750 - § 1. Per fede divina e cattolica sono da credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata, vale a dire nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa, e che insieme sono proposte come divinamente rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero ordinario e universale, ossia quello che è manifestato dalla comune adesione dei fedeli sotto la guida del sacro magistero; di conseguenza tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria.
§ 2. Si devono pure fermamente accogliere e ritenere anche tutte e singole le cose che vengono proposte definitivamente dal magistero della Chiesa circa la fede e i costumi, quelle cioè che sono richieste per custodire santamente ed esporre fedelmente lo stesso deposito della fede; si oppone dunque alla dottrina della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime proposizioni da tenersi definitivamente.

***

Oggi assistiamo, purtroppo, ad una crescente mistificazione della Fede Cattolica, non solo ad una sua forma di protestantizzazione, ma persino ad una sua secolarizzazione, relativismo, sincretismo religioso e persino culturale. Sovente ci troviamo di fronte a sacerdoti impreparati sulla Dottrina della Chiesa, e a Vescovi che non vigilano, che raggiungono compromessi con quella "politica corretta" per timore di offendere, o forse perchè non sono più in grado di distinguere la verità dall'errore.
Gli esempi sono tanti e non compete a noi stilare delle liste, ognuno esamini se stesso.

 

Caratteri delle chiese false

13.12.2012 15:40

dal breve testo: SPECCHIO DELLA DOTTRINA CRISTIANA
Impr. del Vescovo di Mondovi per la Diocesi e caldamente raccomandato ad ogni classe di persone
Torino - Tip. Oratorio san Francesco di Sales Anno 1862
sac. Giovanni Bosco

Fr. Gioanni Tommaso Ghilardi dell'Ordine de' Predicatori - Vescovo di Mondovi

Riproposto in Pdf nel 2009 da
https://www.donboscosanto.eu/download_orig/Don_Bosco-Specchio_della_Dottrina_Cristiana_Cattolica-i.pdf

Caratteri delle chiese false.
Essendovi un Dio solo, una sola deve essere la fede, una sola la Chiesa, che ne sia depositaria. Ora se la Chiesa Cattolica è la sola vera, come si è dimostrato, ne segue che tutte le altre sono false. {21 [333]}
Parlando delle sole Chiese Protestanti, oneste si dimostrano false, perchè mancano delle noti caratteristiche della vera Chiesa. Esse infatti non possono avere unità, perchè mancano di un capo, di un centro, e divise fra loro credono diversamente le une dalle altre. Non possono essere sante, perchè dov'è la discordia non vi è Gesù Cristo, non vi è vera carità. I loro fondatori, ben lungi dall'essere santi, furono invece uomini esecrandi, dati a tutti i vizi, e morirono impenitenti. Non sono cattoliche, perchè queste sette nacquero solo tre secoli fa, mentre la Chiesa cattolica contava già quindici secoli di esistenza, è perchè ordinariamente si restringono ad un solo popolo e ad una nazione. Finalmente non sono apostoliche, perchè hanno rinnegato i veri successori degli Apostoli, staccandosi dal sommo Pontefice e dagli altri Pastori; ond'è che bene si chiamano i protestanti dai loro fondatori, luterani, valdesi, calvinisti ecc., apostolici non mai.
I protestanti adunque, avendo abbandonato il sommo Pontefice, centro dell'unità, ed arrogandosi il diritto d'interpretare la Scrittura, che hanno per mille guise mutilata ed alterata, si può dire che credono ciò che vogliono, ed operano secondo ciò che credono, cioè a capriccio, guidati dal solo amor {22 [334]} proprio. Quindi non avendo le Chiese dei Protestanti i caratteri che le facciano conoscere per opera degna di Dio, e rappresentando invece una vera babelica confusione, ne conseguita che esse sono false, perchè opera sola dell'uomo e di Satana, capaci unicamente di rendere infelice l'anima su questa terra, e condurla alla perdizione eterna.
Noi però dobbiamo abborrire sommamente gli errori de' protestanti, fuggire la conversazione di questi, e non accettare mai dai medesimi o dai loro inviati alcuno di quei libri che vanno spargendo a rovina delle anime. Ma dobbiamo ad un tempo amare le loro persone e compatirli quali pecorelle traviate, e pregare il buon pastore Gesù che le riduca all'ovile, affinchè possa presto avverarsi la divina promessa, che vi sarà nel mondo un solo ovile ed un solo pastore. Così sia per intercessione dell'Immacolata Vergine Madre Maria.
 
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Per dare valore a quanto abbiamo letto, riportiamo il Documento della CdF "Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la Dottrina sulla Chiesa"
del 29 giugno 2007

Quinto quesito:
Perché i testi del Concilio e del Magistero successivo non attribuiscono il titolo di "Chiesa" alle Comunità cristiane nate dalla Riforma del 16° secolo ?

Risposta:
Perché, secondo la dottrina cattolica, queste Comunità non hanno la successione apostolica nel sacramento dell’Ordine, e perciò sono prive di un elemento costitutivo essenziale dell’essere Chiesa. Le suddette Comunità ecclesiali, che, specialmente a causa della mancanza del sacerdozio ministeriale, non hanno conservato la genuina e integra sostanza del Mistero eucaristico[19], non possono, secondo la dottrina cattolica, essere chiamate "Chiese" in senso proprio[20].

 

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Eppure sacerdoti e Vescovi, in nome dell'ecumenismo, si rivolgono a queste Comunità chiamandole "chiese", ingannando e confondendo i fedeli, illudendo i protestanti facendo loro credere di stare bene dove stanno, senza alcuna necessità di conversione, senza la necessità di vedersi "confermati" da Pietro.

Non solo si rivolgono a queste Comunità con il termine di chiese, ma impongono ai fedeli cattolici il loro errato ecumenismo.

 

 


 

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