Sant'Agostino: i Templi Cristiani offrono scampo

19.02.2013 10:49

 

La Città di Dio - Opera monumentale di sant'Agostino, Vescovo e Padre della Chiesa

 

Legge di guerra sospesa in onore a Cristo (1-7)

Le chiese cristiane offrono scampo ai vinti.

1. Da essa infatti provengono nemici, contro i quali deve essere difesa la città di Dio. Di costoro tuttavia molti, rinunciando all'errore d'empietà, divengono in essa cittadini ben disposti. Molti invece sono infiammati contro di lei da odio così ardente e sono ingrati ai benefici tanto evidenti del suo Redentore che oggi non parlerebbero male di lei se nel fuggire il ferro dei nemici non avessero salvato nei luoghi sacri la vita, di cui oggi sono arroganti. Non sono forse contrari al nome di Cristo anche quei Romani che i barbari per rispetto a Cristo hanno risparmiato? Ne fanno fede i sepolcri dei martiri e le basiliche degli apostoli che accolsero nel saccheggio di Roma fedeli ed estranei che in essi si erano rifugiati . Fin lì incrudeliva il nemico sanguinario, qui si arrestava la mano di chi menava strage, là da nemici pietosi venivano condotti individui risparmiati anche fuori di quei luoghi affinché non s'imbattessero in altri che non avevano eguale umanità.

Altrove erano spietati e incrudelivano come nemici. Ma appena giungevano in quei luoghi, in cui era proibito ciò che altrove era lecito per diritto di guerra, veniva contenuta l'efferatezza dell'uccidere e il desiderio di far prigionieri. Così molti scamparono. Ed ora denigrano la civiltà cristiana e attribuiscono a Cristo i mali che la città ha subito. Al contrario, non attribuiscono al nostro Cristo ma al loro destino il bene che in onore a Cristo si è verificato a loro vantaggio. Dovrebbero piuttosto, se fossero un po' saggi, attribuire le crudeltà e le sventure che hanno subito dai nemici alla divina provvidenza. Essa di solito riforma radicalmente con le guerre i costumi corrotti degli individui ed anche mette alla prova con tali sventure la vita lodevolmente onesta degli uomini e dopo averla provata o l'accoglie in un mondo migliore o la conserva ancora in questo mondo per altri compiti. Dovrebbero invece attribuire alla civiltà cristiana il fatto che, fuori dell'usanza della guerra, i barbari li abbiano risparmiati, o dovunque per rispetto al nome di Cristo o nei luoghi particolarmente dedicati al nome di Cristo, molto spaziosi e quindi scelti per una più larga bontà di Dio a contenere molta gente.

Perciò dovrebbero ringraziare Dio e divenire con sincerità seguaci del nome di Cristo per sfuggire le pene del fuoco eterno, mentre molti lo hanno adoperato con inganno per sfuggire le pene dello sterminio nel tempo. Infatti moltissimi di essi che si vedono insultare insolentemente e sfrontatamente i servi di Cristo son proprio quelli che non sarebbero sfuggiti alla morte e alla strage se non avessero finto di essere servi di Cristo. Ed ora per ingrata superbia ed empia follia si oppongono al suo nome con cuore malvagio per esser puniti con le tenebre eterne; e allora avevano invocato quel nome con parole sia pure false per continuare a godere della luce temporanea.

I templi pagani non offrono alcun scampo.
2. Sono state tramandate tante guerre prima e dopo la fondazione e la dominazione di Roma. Leggano ed esibiscano o che una città sia stata occupata da stranieri con la garanzia che i nemici occupanti risparmiassero coloro che avessero trovati rifugiati nei templi dei loro dèi o che un condottiero di barbari avesse ordinato nel saccheggio di una città di non uccidere chi fosse stato trovato in questo o quel tempio. Al contrario Enea vide Priamo che imbrattava di sangue i fuochi sacri che egli stesso aveva consacrato . E Diomede ed Ulisse, uccisi i custodi del tempio posto sulla rocca, afferrarono la statua di Pallade e con le mani insanguinate osarono toccare le bende verginali della dea. Ma non è vero quel che segue: Da quel fatto la speranza dei Greci fu ricacciata definitivamente in alto mare . Al contrario dopo quel fatto vinsero, distrussero Troia a ferro e fuoco, trucidarono Priamo che si era rifugiato presso l'altare . E Troia non fu distrutta perché perdé Minerva. Ancor prima che cosa aveva perduto Minerva stessa per andare perduta? Forse i custodi? Ma proprio questo è vero perché con la loro uccisione fu possibile trafugarla. Dunque non gli uomini erano difesi dalla statua ma la statua dagli uomini. Perché allora era venerata per custodire la patria e i cittadini se non riuscì a custodire i propri custodi?.

Perfino gli dèi si trovano in difficoltà.
3. Eppure i Romani si rallegravano di avere affidata la propria città alla protezione di questi dèi. O errore degno di tanta commiserazione! E si adirano con noi quando parliamo così dei loro dèi e non si arrabbiano con i propri scrittori. Pagano anzi per pubblicarli e per di più hanno ritenuto degni di compenso da parte dello Stato e di onori gli stessi insegnanti. Adduciamo come esempio Virgilio. I fanciulli lo leggono appunto perché il grande poeta, il più illustre e alto di tutti, assimilato dalle tenere menti non sia dimenticato con facilità, secondo il detto di Orazio: Il vaso di creta conserverà a lungo il profumo con cui è stato riempito appena modellato . Presso Virgilio dunque Giunone, ostile ai Troiani, è presentata mentre dice ad Eolo, re dei venti, per istigarlo contro di loro: Una gente a me nemica naviga il mar Tirreno per portare in Italia i vinti penati di Troia . Ma davvero sono stati tanto prudenti da affidare Roma perché non fosse vinta a codesti penati vinti? Giunone però parlava così da donna arrabbiata senza sapere quel che diceva.

Ma Enea, chiamato tante volte pio, così narra: Panto di Otreo, sacerdote del tempio di Apollo, con la mano consacrata sostiene i dèi vinti e conduce il nipotino e fuori di sé di corsa si avvicina alle porte . Ed Enea fa capire che a lui gli dèi, giacché non dubita di chiamarli vinti, sono stati affidati e non lui agli dèi, quando gli si dice: Troia ti affida le cose sacre e i propri penati . Dunque Virgilio dichiara vinti gli dèi e affidati a un uomo affinché, sebbene vinti, in qualche modo siano salvati.

È pazzia dunque il pensare che è stato saggio l'affidare Roma a tali difensori e che è stato possibile saccheggiarla soltanto perché li ha perduti. Anzi l'onorare dèi vinti come validi difensori significa soltanto conservare non buoni numi ma cattivi nomi.

Non è saggio dunque credere che Roma non sarebbe giunta a tanta sconfitta se prima non fossero andati perduti ma piuttosto che da tempo sarebbero andati perduti se Roma non li avesse conservati finché le è riuscito. Ciascuno può notare, purché rifletta, con quanta leggerezza si sia presupposto che essa sotto la protezione di difensori vinti non poteva essere vinta e che è andata perduta perché ha perduto gli dèi custodi. Piuttosto sola causa del perdersi ha potuto essere l'aver voluto dèi difensori che sarebbero andati perduti. Non è dunque che i poeti si divertivano a mentire quando venivano scritti in versi quei fatti sugli dèi vinti, ma la verità costringeva uomini saggi a parlar così. Tuttavia questi concetti si devono esporre diligentemente e diffusamente in altra parte. Ora per un po' sbrigherò, come posso, l'argomento già iniziato sugli uomini ingrati. Essi attribuiscono bestemmiando a Cristo i mali che meritatamente hanno subito a causa della propria perversità. Non si degnano di riflettere che sono risparmiati, anche se non credenti, in onore del Cristo. Usano inoltre contro il suo nome per frenesia di empia perversità quella stessa lingua con cui mentitamente adoperarono il medesimo nome per salvare la vita o per timore la fecero tacere nei luoghi a lui dedicati. Così pienamente sicuri in quei luoghi, sono scampati dai nemici per uscirne fuori a lanciare maledizioni contro di lui.

(...)

I mali della storia e la Provvidenza (8-28)

Buoni e cattivi...

8. 1. Qualcuno dirà: Perché questo tratto della bontà di Dio è giunto anche a miscredenti e ingrati? Perché? Certamente perché lo ha compiuto colui che ogni giorno fa sorgere il suo sole sopra buoni e cattivi e fa piovere su giusti e ingiusti . Alcuni di loro riflettendo con ravvedimento su questi fatti si convertono dalla loro miscredenza; altri invece, come dice l'Apostolo, disprezzando la ricchezza della bontà e longanimità di Dio a causa della durezza del loro cuore e di un cuore incapace di ravvedimento, mettono a profitto lo sdegno nel giorno dello sdegno e della manifestazione del giusto giudizio di Dio che renderà a ciascuno secondo le sue azioni . Tuttavia la pazienza di Dio invita i cattivi al ravvedimento, come il flagello di Dio istruisce i buoni alla pazienza. Allo stesso modo la misericordia di Dio abbraccia i buoni per proteggerli, come la severità di Dio ghermisce i cattivi per punirli. È ordinamento infatti della divina provvidenza preparare per il futuro ai giusti dei beni, di cui non godranno gli ingiusti, e ai miscredenti dei mali, con cui non saranno puniti i buoni. Ha voluto però che beni e mali nel tempo siano comuni ad entrambi affinché i beni non siano cercati con eccessiva passione, poiché si vede che anche i cattivi li hanno, e non si evitino disonestamente i mali, poiché anche i buoni spesso ne sono colpiti.

...nel disegno della bontà e giustizia divina.
8. 2. Inoltre differisce molto la condizione tanto di quella che si considera prosperità come di quella che si considera avversità. L'individuo onesto non si inorgoglisce dei beni e non si abbatte per i mali temporali; il cattivo invece è punito dalla sorte sfavorevole appunto perché abusa della favorevole. Tuttavia Dio manifesta abbastanza chiaramente la sua opera spesso anche nel dispensare tali cose. Se una pena palese colpisse ogni peccato nel tempo, si potrebbe pensare che nulla è riservato all'ultimo giudizio. Se al contrario un palese intervento di Dio non punisse nel tempo alcun peccato, si potrebbe pensare che non esiste la divina provvidenza. Lo stesso è per la prosperità.

Se Dio non la concedesse con evidente munificenza ad alcuni che la chiedono, diremmo che queste cose non sono di sua competenza. Allo stesso modo se la concedesse a tutti quelli che la chiedono, supporremmo che si deve servirlo soltanto in vista di tali ricompense. Il servizio a lui non ci renderebbe devoti ma interessati e avari. Stando così le cose, buoni e cattivi sono egualmente tribolati, ma non ne consegue che non siano diversi perché non è diversa la sofferenza che gli uni e gli altri hanno sopportato. Resta la differenza di chi soffre anche nella eguaglianza della sofferenza e, sebbene sia comune la pena, non sono la medesima cosa la virtù e il vizio.

Come in un medesimo fuoco l'oro brilla, la paglia fuma, come sotto la medesima trebbia le stoppie sono triturate e il grano è mondato e la morchia non si confonde con l'olio per il fatto che è spremuto dal medesimo peso del frantoio, così una unica e medesima forza veemente prova, purifica, filtra i buoni, colpisce, abbatte e demolisce i cattivi. Quindi in una medesima sventura i cattivi maledicono e bestemmiano Dio, i buoni lo lodano e lo pregano. La differenza sta non nella sofferenza ma in chi soffre. Infatti anche se si scuotono con un medesimo movimento, il fetidume puzza disgustosamente, l'unguento profuma gradevolmente.

Anche la sventura dei buoni...
9. 1. Dunque nella desolazione degli avvenimenti passati, se si valutano con la fede, che cosa hanno sofferto i cristiani che non è riuscito a loro vantaggio? Prima di tutto possono riflettere umilmente sui peccati, a causa dei quali Dio sdegnato ha riempito il mondo di tante sventure. E sebbene essi siano ben lontani dagli scellerati, disonesti e miscredenti, tuttavia non si ritengono così immuni dalle colpe da non giudicarsi degni di dover sopportare, a causa di esse, mali nel tempo. Si fa eccezione per il caso che un individuo, pur vivendo onestamente, cede in alcune circostanze alla concupiscenza carnale, sebbene non fino all'enormità della scelleratezza, non fino al gorgo della disonestà e all'abbominio dell'immoralità, ma ad alcuni peccati o rari o tanto più frequenti quanto più piccoli.

Eccettuato dunque questo caso, è forse facile trovare chi tratti come devono esser trattati coloro, per la cui tremenda superbia, lussuria, avarizia ed esecrande ingiustizie e immoralità, Dio, come ha predetto con minacce, distrugge i paesi ? Chi tratta con essi come devono esser trattati? Il più delle volte infatti colpevolmente si trascura di istruirli e ammonirli e talora anche dal rimproverarli e biasimarli o perché rincresce l'impegno o perché ci vergogniamo di affrontarli o per evitare rancori. Potrebbero ostacolarci e nuocerci nelle cose del mondo o perché la nostra avidità desidera ancora di averne o perché la nostra debolezza teme di perderle. Certamente ai buoni dispiace la condotta dei cattivi e pertanto non incorrono assieme ad essi nella condanna che è riservata ai malvagi dopo questa vita. Tuttavia, dato che sono indulgenti con i loro peccati degni di condanna perché si preoccupano per i propri sebbene lievi e veniali, giustamente sono flagellati con i malvagi nel tempo, quantunque non siano puniti per l'eternità. Ma giustamente, quando vengono per disposizione divina tribolati assieme ai cattivi, sentono l'amarezza della vita perché, amandone la dolcezza, hanno preferito non essere amari con i malvagi che peccavano.

 

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