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La Chiesa di Cristo o la chiesa del Papa?

02.05.2013 13:22

 

La Chiesa di Cristo o la chiesa del Papa?

 

Ennesima provocazione di un frasario modernista atto, però, a voler usare certi termini con l'intenzione di modificarne l'originaria sostanza.

Se c'è un punto fermo, ripetitivo fino all'ossessione è proprio il concetto espresso da Benedetto XVI dall'annuncio del suo ritiro in quel dire: "la Chiesa è di Cristo!"

Perché ripeterlo molte volte prima di ritirarsi?

Perché è evidente che da dopo il Concilio, volente o dolente, i nemici della Chiesa hanno sposato una immagine a seconda del Pontefice regnante, così come della propria immagine.

 

Ha cominciato Paolo VI con il suo gesto eclatante nel togliersi la tiara e dismetterla.

Il Papa sapeva bene che non poteva (e non voleva) abolire un segno che non gli appartiene, ma di certo poteva modificarne l'uso secondo ciò che ritenesse utile o meno utile in quei tempi di regno complesso e difficile.

Paolo VI, infatti, non vendette le tiare della Sacrestia Pontificia, ma diede via la sua, quella che gli regalarono i milanesi e ne mantenne il segno sullo stemma personale.

Papa Montini temeva l'incalzare apparentemente inarrestabile della modernità, ed a costo di immani sacrifici, ricercò costantemente un compromesso con la società moderna, o meglio con i simboli, le immagini di questa, disposto a modificare l'immagine della Chiesa almeno sotto il suo Pontificato. In quegli anni, tanto per fare un esempio sui simboli, mentre le femministe bruciavano i reggiseno, certi preti, in preda ad una triste smania di emulazione bruciavano pianete ed abbattevano altari e balaustre a martellate incoraggiati dal gesto montiniano nel dar via la tiara e nel modificare simboli e segni.

Pur volendo ammettere la buona fede di Paolo VI occorre dire che questo suo gesto, mai spiegato, né ufficialmente redatto da un Documento ufficiale, di fatto si rivelò come "peccato originale" della sua strategia di rendere il papato più "accessibile" più vicino alla gente, più "umano" e meno divino, insomma, un Pontificato ad personam.

 

Ma leggiamo ora un passo di storia indispensabile, come nasce la Tiara?

Ce lo facciamo spiegare da un libro del 1878 scritto dalla Casa editrice dei Salesiani proprio per il sacerdote don Bosco,  che riporta l'incoronazione di Papa Leone XIII

leggiamo:

Triregno. È un ornamento del capo, rotondo, chiuso al di sopra,  circondato da tre corone. È questa una magnifica e splendida insegna di onore, di maestà, di giurisdizione del Sommo Pontefice. La sua origine rimonta ai tempi di Costantino, che la diede a s. Silvestro in segno di onore. Era fatto a forma del Pileo dei Romani, berretto, che usavano solamente i liberi e non gli schiavi. Perciò vuolesi che Costantino l’ abbia data a s. Silvestro, appunto per indicare che la Chiesa cessava di essere schiava e tiranneggiata dai persecutori, e cominciava ad essere libera nei suoi spirituali esercizi.

            Quest’ ornamento da prima portava una sola corona, ed era detto Regno. Fu chiamato poscia Triregno quando ebbe aggiunte due altre corone. La seconda corona fu aggiunta da Bonifacio VIII; la terza da Benedetto XII. Sebbene una sola possa esprimere il sommo potere del Papa, tuttavia le tre corone esprimono meglio le tre potestà che egli ha in Cielo, in terra e nel Purgatorio, coelestium, terrestrium, et infernorum. Le tre  corone possono ancora significare che il Papa è Sommo Sacerdote, Signore temporale, e universale Legislatore. Il Triregno è sormontato da un globo su cui sorge una croce. Il globo e la croce posta sul Triregno indica il mondo assoggettato a Gesù Cristo in virtù della Croce, ed è sostenuto dal Papa, perché tutta la terra è alla sua cura affidata.

Sempre dal medesimo testo, che parla dell'incoronazione di Papa Leone XIII, leggiamo la descrizione dell'evento:

...allora il Cardinale secondo Diacono, che stava a sinistra del trono, toglieva dal capo del Pontefice la mitra, ed il Cardinale primo Diacono, che stava alla destra, gli imponeva il Triregno, proferendo a voce alta e vibrata le famose parole:  Accipe Tiaram tribus coronis ornatam,et scias Te esse Patrem Principum et Regum, Rectorem Orbis, in terra Vicarium Salvatoris N. J. C. cui est honor et gloria in saecula saeculorum.

           Ossia:  Ricevi la Tiara ornata di tre corone, e sappi che Tu sei Padre dei Principi e dei Re, Reggitore del mondo, Vicario in terra del Salvator Nostro Gesù Cristo, cui è onore e gloria nei secoli dei secoli.

            Il Triregno imposto al S. Padre Leone XIII fu già donato al Santo Padre Pio IX dalla Guardia Palatina d’ onore.

            L’ atto e le parole suddette fecero correre come un fremito di commozione fra gli astanti, molti dei quali ne rimasero inteneriti fino alle lagrime. Era questo di fatto il punto più bello e più solenne della grandiosa cerimonia, e non poteva non produrre un effetto vivissimo nel cuore di tanti figli devoti ed affezionati alla nostra santissima religione.

 

***

Quindi, ad onor del vero, Paolo VI  fu per un certo verso un martire imponendo semmai a sé stesso dei grandi sacrifici  al solo scopo di non porsi in urto frontale - a scanso di mali peggiori - con le nefaste tendenze che allora imperversavano, nella speranza, purtroppo infondata che, finita l'ubriacatura dell'euforia conciliarista,  gradatamente le cose si sarebbero assestate. Ma l'assestamento non ci fu.

Cosa ci fa credere o interpretare che la deposizione della tiara fu un atto personale di Paolo VI, un sacrificio di rinuncia a sé stesso?

Il Documento "Romano Pontifici Eligendo", promulgato dallo stesso Pontefice, prevedeva che il suo Successore fosse incoronato, secondo l'uso, dal Cardinale Protodiacono.

Più precisamente è l'ultimo punto della Costituzione Apostolica che lo esprimeva chiaramente (n. 92): Infine il Pontefice sarà incoronato dal Cardinale Protodiacono e, entro un tempo conveniente, prenderà possesso della Patriarcale Arcibasilica Lateranense, secondo il rito prescritto....

Fu per scelta di "umiltà" che Giovanni Paolo I  disattendendo la "Romano Pontifici Eligendo", rifiutò il rito dell'incoronazione.

Appare perciò evidente che il gesto di Paolo VI che sarebbe dovuto rimanere isolato, o che al limite non avrebbe dovuto ricadere sulla "incoronazione" del Vicario di Cristo, di fatto venne usato per cominciare dei Pontificati "di stile personale", lasciando così ogni Pontefice "libero" di fare ciò che vuole, avanzare non più secondo una logica giunta a noi per e nella Tradizione, ma in sostanza per avanzare a seconda del proprio e personale stile, umiltà personale se preferite. Resta palese che qui sta anche uno dei segnali più inquietanti e drammatici della vera rottura con la Tradizione: Giovanni Paolo I si rifiutò di farsi incoronare. Giovanni Paolo II, suo Successore due mesi dopo, comprendendo bene la gravità della situazione e per evitare probabilmente un problema al suo predecessore di ordine persino Canonico, non si fece incoronare ma trasformò detta incoronazione con la "intronizzazione", un concetto più moderno ed anche più collegiale come infatti è l'uso del termine che indica anche la presa di possesso dei nuovi Vescovi e Patriarchi della sede di loro nomina spettante.

 

Sia ben chiaro, il problema non è nella tiara in sé, ma in ciò che rappresenta come sopra è stato ben spiegato e del come si stia tentando di affondarlo, ma non per volontà dei Papi o del Concilio, quanto a causa di una certa infiltrazione modernista nel modo stesso di pensare anche dei Papi.

Non è più importante che si chiami "intronizzazione" ed oggi, con Papa Francesco si è voluto togliere anche questo termine, oramai il danno è stato è stato fatto ma le risorse della Chiesa che è di Gesù Cristo, sono molte e continueranno a difendere questa Istituzione divina con il suo specifico Primato Petrino.

Infatti se è vero che gli stessi significati (i tre poteri) possono essere assunti tranquillamente dalla nuova mitria imposta a Benedetto XVI con le tre strisce dorate, è altrettanto vero che si è imposto ai fedeli e al mondo un cambiamento atto a sminuire, nel segno, la potenza e il valore dei tre poteri di Cristo (1 - Re dei re e principi della terra; 2 - Re e Governatore del cielo, della terra e dell'universo intero; 3 - Salvatore delle Anime) distaccandoli sempre di più dall'agire degli uomini e degli Stati. Prova ne è che nel momento in cui Paolo VI fece la sua scelta e Giovanni Paolo I la impose col suo rifiuto, si è verificato anche il crollo della politica cattolica.

Non escludiamo che tale crisi dei valori e dei principi non negoziabili sarebbero crollati lo stesso, ma dal momento che la storia non si fa con i se e i ma, ma con dati alla mano, l'unica prova sostenibile che è sotto gli occhi di tutti è il crollo simultaneo avvenuto da ambo le parti anzi, cedendo la prima (il papato montiniano) ha finito per cedere anche la seconda.

Come possiamo sostenere questi fatti?

Basta ascoltare la massa dei fedeli sui principi non negoziabili, basta ricordare che nel momento in cui l'Italia cedeva all'aborto e al divorzio si parlava ancora di un popolo cattolico al 90% ma, attenzione, che identificava le proprie scelte moderniste associandole spesso ai "cambiamenti apportati da Paolo VI".

Il gesto di Paolo VI doveva rimanere contestualizzato nel suo tempo e, ad onor del vero, lo stesso Pontefice si spese senza riserve per denunciare i fraintendimenti associati ai suoi gesti di apertura, nonché alle false interpretazioni e strumentalizzazioni che si davano alla "volontà" del Concilio.

Ma intanto la rottura con la Tradizione era avvenuta e non si sarebbe più arrestata.

 

Venendo ai giorni nostri non possiamo non constatare questo oscillare da un Pontificato ad un altro, non a caso gli stessi Media parlano di "chiese diverse" usando termini aberranti quali: "la Chiesa di Paolo VI; la Chiesa di Giovanni Paolo II; la Chiesa di Benedetto XVI; ed oggi la Chiesa di Francesco...."

Non esiste più nel gergo, e dunque nel pensiero dei fedeli, la Chiesa nella sua Tradizione; la Chiesa di Gesù Cristo nei suoi tre poteri; la Chiesa dei Successori di Pietro, tanto che Benedetto XVI per tutto il mese, dopo l'annuncio della rinuncia, non ha fatto altro che ripetere che "la Chiesa non è mia o di altri, ma è di Cristo, è sua...".

Oramai si tende ad identificare una Chiesa a seconda del Pontefice eletto continuando ad alimentare una estenuante rottura con quella Tradizione che ha reso grande la Chiesa in ogni tempo, anche nei giorni nostri, e che solo così ha reso alcuni Pontefici tanto grandi da essere ricordati e venerati.

Non è un caso che lo stesso Giovanni XXIII viene ricordato non per la dottrina ma per aver aperto il Concilio Vaticano II; lo stesso Paolo VI viene ricordato per tutta una serie di "aggiornamenti e cambiamenti, aperture e ammodernamento della Chiesa" ma guai a nominarlo nella sua Enciclica Humanae Vitae lineare con la Tradizione; lo stesso Giovanni Paolo II viene ricordato per i suoi gesti moderni ma guai a nominare la sua Evangelium Viate o la Ecclesia de Eucharistia o la sua denuncia contro coloro che volevano abbandonare il celibato presbiteriale o persino avanzare con le donne prete; al contrario Benedetto XVI è stranamente l'unico Papa della serie che viene ricordato negativamente per aver riportato segni e gesti abusivamente cancellati e per aver ridato asilo alla forma antica della Messa, abusivamente vietata.

Tutto questo ci fa vedere bene come da Giovanni XXIII la Chiesa abbia subito dei cambiamenti che se da una parte li possiamo ritenere lineari con certi cambiamenti epocali (ogni Concilio ha apportato cambiamenti nella Chiesa), dall'altra parte lo stesso silenzio dei Pontefici e gli stessi abusi compiuti da molta Gerarchia non hanno fatto altro che alimentare questa visione delle cose e rafforzare l'aberrazione che ogni Pontefice userebbe la Chiesa a seconda della propria immagine che vuole darle.

 

Se questi esempi ancora non vi convincono vi invitiamo a rileggervi alcuni articoli precedenti quali quelli dedicati al Pontificato passionale vissuto da Benedetto XVI e, possiamo aggiungere, la chicca di queste settimane: il vescovo ex cerimoniere pontificio tale Piero Marini avrebbe affermato che finalmente oggi, grazie all'atteggiamento liberale di Papa Francesco, ci ritroviamo nell'ennesima "nuova" Chiesa non più oscurantista dove lui stava davvero soffocando, poverino! Viene da chiedersi cosa si aspetta questo "signore" dal nuovo Pontefice!

Non possiamo che rispondere con l'articolo del teologo domenicano Padre Giovanni Cavalcoli O.P. su Riscossa Cristiana, già da noi più volte a buona ragione citato, dove dice:

" Il Papato con Paolo VI non è più Cristo che guida le folle, che compie prodigi, che corregge i discepoli, che caccia i demòni, che minaccia farisei, sommi sacerdoti e dottori della legge, ma è Cristo sofferente, “crocifisso e abbandonato”, inascoltato, disobbedito, contestato, beffato, emarginato, angosciato.

La forza del Papato postconciliare è la forza di Cristo crocifisso, è il potere della croce. Il Papa deve stare continuamente in croce, fino all’ultimo...."

 

Se Papa Francesco sarà sostenuto da Vescovi come quello che sparla del Pontificato precedente, ha da stare molto attento ai tradimenti!

Al momento questi modernisti dipingono infatti una "nuova" Chiesa all'insegna non della dottrina, ma dei cambiamenti esteriori e nei gesti apportati dal nuovo Pontefice.

A questo proposito è interessante l'analisi fatta da Sandro Magister con il suo recente: L'incantesimo di Papa Francesco.

Spicca la parte iniziale dell'articolo dove leggiamo: " La sua popolarità è in buona misura legata all'arte con cui parla. Tutto gli viene perdonato, anche quando dice cose che dette da altri verrebbero investite dalle critiche. Ma le prime proteste cominciano ad affiorare..."

L'arte con cui parla Papa Francesco, che è poi il suo stile, nulla toglie alla Dottrina sia del Papato quanto al Catechismo della Chiesa. La Chiesa è di Cristo, Papa Francesco lo sa assai bene e molto più di certi prelati crapuloni e profittatori.

 

Quanto agli stili dei Pontefici, in verità, non sono affatto una novità del dopo Concilio.

Possiamo partire dai Giardini Vaticani che dal Medioevo ad oggi hanno subito centinaia di cambiamenti apportati ognuno dal Pontefice di turno i quali aggiungevano o toglievano qualcosa; così come gli appartamenti papali dentro i quali ogni Pontefice ha portato la propria firma, trasformazioni superficiali, ma anche radicali a seconda dei gusti. Il 5 luglio del 2010 Benedetto XVI inaugurava la centesima fontana nei Giardini Vaticani dedicata a san Giuseppe, le precedenti 99 sono a firma dei suoi predecessori che si perdono nel tempo. Così come quando fu appena eletto si recò nella sua ex abitazione per organizzare il trasloco (solo libri e pianoforte) preoccupandosi di regolare l'ultima rata dell'affitto. I media l'hanno presto dimenticato.

 

Come non ricordare anche il Beato Pio IX il quale, appena raggiunto Castel Gandolfo, andava per i vicoli e entrava anche nelle case e spesso sollevava il coperchio della pentola sui fornelli per saggiare la consistenza del brodo. E se vedeva che il cibo non era sufficiente lasciava un po’ di denaro alla famiglia.

In fondo è stato più facilitato Pio IX che non Papa Francesco il quale farebbe lo stesso se solo potesse, ma l'avvento mediatico non gioca sempre a favore dei Papi.

Ma possiamo anche accennare l’ istituzione degli "esercizi spirituali" in Vaticano per il Papa e i suoi più stretti collaboratori la quale risale "solo" di recente, al 1925 con Pio XI, che poi nel 1929, con l’enciclica Mens nostra, stabilì che vi si svolgessero puntualmente ogni anno. Se un Papa "domani" dovesse toglierli, non gridiamo allo scandalo, fanno parte dello stile e del carisma, della sensibilità di qualcuno che al momento opportuno li ha istituzionalizzati.

Pio XI fu anche il primo Papa ad assumere una donna, pure Ebrea, non come donna delle pulizie (con tutto il rispetto per la preziosa categoria), ma in qualità di esperta per riordinare l'archivio fotografico dei Musei Vaticani.

E sempre di lui è risaputo che fin da quando era Vescovo preferiva portarsi sempre dietro un revolver.... Quando fu nominato Nunzio in Polonia si legge negli appunti di trasferimento delle cose da portarsi dietro: “Tutte le carte che stanno nelle due scrivanie in casa (…). Mettere tutte le dette carte nella valigia comperata a Milano, e portare a Varsavia – come anche il piccolo revolver e munizioni.”

E ancora, fu Papa Leone XIII che inserì lo sport tra i nuovi strumenti di comunicazione di massa e i movimenti cattolici italiani dettero vita, nei primi anni del ventesimo secolo, a una propria organizzazione che ebbe in Papa Pio X un convinto assertore ed uno strenuo sostenitore. Il suo discorso ai giovani italiani l'8 ottobre 1905 lo potremmo quasi considerare una magna charta: «... ammiro e benedico di cuore tutti i vostri giochi e passatempi, la ginnastica, il ciclismo, l'alpinismo, la nautica, il podismo, le passeggiate, i concorsi e le accademie, alle quali vi dedicate; perché gli esercizi materiali del corpo influiscono mirabilmente sugli esercizi dello spirito; perché questi trattenimenti richiedono pur lavoro, vi toglieranno dall'ozio che è padre dei vizi; e perché finalmente le stesse gare amichevoli saranno in voi una immagine dell'emulazione dell'esercizio della virtù».

 

Per non parlare poi delle interviste, la prima fu rilasciata da Leone XIII su "Le Figaro" il 4 agosto 1892, la prima di un Romano Pontefice, concessa tra l'altro a una giornalista donna di tendenza socialista. Non dimentichiamo che Leone XIII condannò l'ideologia socialista senza mezzi termini nell'Enciclica Rerum Novarum.

Insofferente all’etichetta di corte, secondo la quale il Papa doveva mangiare da solo, come avveniva fin dai tempi di Urbano VIII, San Pio X ammise a tavola prima uno e poi due segretari. Alcuni dignitari fecero notare lo strappo alla regola.

Pio X rispose: «Ho letto e riletto i Vangeli e gli Atti degli apostoli; ma non vi ho mai trovato che San Pietro mangiasse da solo».

Il 27 maggio 1917 Benedetto XV, con la costituzione apostolica Providentissima mater, promulgava il nuovo Codice di diritto canonico. Al testo furono riconosciute dai giuristi di tutte le scuole una precisione e una chiarezza quali raramente si riscontrano nei codici degli Stati civili. Pose fine anche al “non expedit”, consentendo ai cattolici di fare politica e ai sovrani cattolici di visitare Roma e il Papa.

A lui ancora regnante era stata eretta nel 1919 a Costantinopoli una statua, recante questa iscrizione dal sapore ecumenico: «Al grande Pontefice della tragedia mondiale, Benedetto XV, benefattore dei popoli, senza distinzione di nazionalità o di religione, in segno di riconoscenza, l’Oriente».

 

Potremmo continuare all'infinito. Qui abbiamo voluto brevemente dimostrarvi come i cambiamenti nella Chiesa non solo ci sono sempre stati, ma che superato l'impatto emotivo sono stati sempre cambiamenti che hanno ringiovanito la Chiesa, rinvigorito la sua struttura umana e di governo. L'interesse mediatico volto spesso a senso unico, purtroppo, penalizza certi cambiamenti usandoli come modifiche all'Istituzione, per la quale si intende tutto l'apparato dottrinale e dogmatico, Istituzione perciò Divina ed immodificabile.

La Chiesa è di Cristo, il Suo Vicario senza dubbio può rendere più bella la Sposa, più giovanile, più snella, una volta più mistica, un'altra volta più umana attraverso le personali iniziative che ritiene più o meno opportune durante il suo regno, ma non può modificarne la struttura e questo, fino ad oggi, nessun Papa l'ha fatto. Chi ha tentato di farlo non c'è mai riuscito perché era illegittimo ed antipapa.

Concentriamoci perciò sulla Dottrina e sul Magistero ufficiale dei Pontefici, il resto lasciamolo alle fantasie dei Media che tali resteranno.

 

***

 

 

 

15 maggio 1891 la Rerum Novarum

30.04.2013 19:59

RERUM NOVARUM
LETTERA ENCICLICA DI
S.S. LEONE XIII

 

INTRODUZIONE

Motivo dell'enciclica: la questione operaia

1. L'ardente brama di novità che da gran tempo ha cominciato ad agitare i popoli, doveva naturalmente dall'ordine politico passare nell'ordine simile dell'economia sociale. E difatti i portentosi progressi delle arti e i nuovi metodi dell'industria; le mutate relazioni tra padroni ed operai; l'essersi accumulata la ricchezza in poche mani e largamente estesa la povertà; il sentimento delle proprie forze divenuto nelle classi lavoratrici più vivo, e l'unione tra loro più intima; questo insieme di cose, con l'aggiunta dei peggiorati costumi, hanno fatto scoppiare il conflitto. Il quale è di tale e tanta gravità che tiene sospesi gli animi in trepida aspettazione e affatica l'ingegno dei dotti, i congressi dei sapienti, le assemblee popolari, le deliberazioni dei legislatori, i consigli dei principi, tanto che oggi non vi è questione che maggiormente interessi il mondo. Pertanto, venerabili fratelli, ciò che altre volte facemmo a bene della Chiesa e a comune salvezza con le nostre lettere encicliche sui Poteri pubblici, la Libertà umana, la Costituzione cristiana degli Stati, ed altri simili argomenti che ci parvero opportuni ad abbattere errori funesti, la medesima cosa crediamo di dover fare adesso per gli stessi motivi sulla questione operaia. Trattammo già questa materia, come ce ne venne l'occasione più di una volta: ma la coscienza dell'apostolico nostro ministero ci muove a trattarla ora, di proposito e in pieno, al fine di mettere in rilievo i principi con cui, secondo giustizia ed equità, si deve risolvere la questione. Questione difficile e pericolosa. Difficile, perché ardua cosa è segnare i precisi confini nelle relazioni tra proprietari e proletari, tra capitale e lavoro. Pericolosa perché uomini turbolenti ed astuti, si sforzano ovunque di falsare i giudizi e volgere la questione stessa a perturbamento dei popoli.

2. Comunque sia, è chiaro, ed in ciò si accordano tutti, come sia di estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell'uomo. Poiché, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balda della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male un'usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa., continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all'infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile.

 

(...)

E infatti non è difficile capire che lo scopo del lavoro, il fine prossimo che si propone l'artigiano, è la proprietà privata. Poiché se egli impiega le sue forze e la sua industria a vantaggio altrui, lo fa per procurarsi il necessario alla vita: e però con il suo lavoro acquista un vero e perfetto diritto, non solo di esigere, ma d'investire come vuole, la dovuta mercede.

Se dunque con le sue economie è riuscito a far dei risparmi e, per meglio assicurarli, li ha investiti in un terreno, questo terreno non è infine altra cosa che la mercede medesima travestita di forma, e conseguente proprietà sua, né più né meno che la stessa mercede. Ora in questo appunto, come ognuno sa, consiste la proprietà, sia mobile che stabile. Con l'accumulare pertanto ogni proprietà particolare, i socialisti, togliendo all'operaio la libertà di investire le proprie mercedi, gli rapiscono il diritto e la speranza di trarre vantaggio dal patrimonio domestico e di migliorare il proprio stato, e ne rendono perciò più infelice la condizione.

5. Il peggio si è che il rimedio da costoro proposto è una aperta ingiustizia, giacché la proprietà prenata è diritto di natura. Poiché anche in questo passa gran differenza tra l'uomo e il bruto. Il bruto non governa sé stesso; ma due istinti lo reggono e governano, i quali da una parte ne tengono desta l'attività e ne svolgono le forze, dall'altra terminano e circoscrivono ogni suo movimento; cioè l'istinto della conservazione propria, e l'istinto della conservazione della propria specie. A conseguire questi due fini, basta al bruto l'uso di quei determinati mezzi che trova intorno a sé; né potrebbe mirare più lontano, perché mosso unicamente dal senso e dal particolare sensibile. Ben diversa è la natura dell'uomo. Possedendo egli la vita sensitiva nella sua pienezza, da questo lato anche a lui è dato, almeno quanto agli altri animali, di usufruire dei beni della natura materiale. Ma l'animalità in tutta la sua estensione, lungi dal circoscrivere la natura umana, le è di gran lunga inferiore, e fatta per esserle soggetta. Il gran privilegio dell'uomo, ciò che lo costituisce tale o lo distingue essenzialmente dal bruto, è l'intelligenza, ossia la ragione. E appunto perché ragionevole, si deve concedere all'uomo qualche cosa di più che il semplice uso dei beni della terra, comune anche agli altri animali: e questo non può essere altro che il diritto di proprietà stabile; né proprietà soltanto di quelle cose che si consumano usandole, ma anche di quelle che l'uso non consuma.

La proprietà privata è di diritto naturale 

6. Ciò riesce più evidente se si penetra maggiormente nell'umana natura. Per la sterminata ampiezza del suo conoscimento, che abbraccia, oltre il presente, anche l'avvenire, e per la sua libertà, l'uomo sotto la legge eterna e la provvidenza universale di Dio, è provvidenza a sé stesso. Egli deve dunque poter scegliere i mezzi che giudica più propri al mantenimento della sua vita, non solo per il momento che passa, ma per il tempo futuro. Ciò vale quanto dire che, oltre il dominio dei frutti che dà la terra, spetta all'uomo la proprietà della terra stessa, dal cui seno fecondo deve essergli somministrato il necessario ai suoi bisogni futuri. Giacché i bisogni dell'uomo hanno, per così dire, una vicenda di perpetui ritorni e, soddisfatti oggi, rinascono domani. Pertanto la natura deve aver dato all'uomo il diritto a beni stabili e perenni, proporzionati alla perennità del soccorso di cui egli abbisogna, beni che può somministrargli solamente la terra, con la sua inesauribile fecondità. Non v'è ragione di ricorrere alla provvidenza dello Stato perché l'uomo è anteriore alto Stato: quindi prima che si formasse il civile consorzio egli dovette aver da natura il diritto di provvedere a sé stesso.

7. L'aver poi Iddio dato la terra a uso e godimento di tutto il genere umano, non si oppone per nulla al diritto della privata proprietà; poiché quel dono egli lo fece a tutti, non perché ognuno ne avesse un comune e promiscuo dominio, bensì in quanto non assegnò nessuna parte del suolo determinatamente ad alcuno, lasciando ciò all'industria degli uomini e al diritto speciale dei popoli. La terra, per altro, sebbene divisa tra i privati, resta nondimeno a servizio e beneficio di tutti, non essendovi uomo al mondo che non riceva alimento da essi. Chi non ha beni propri vi supplisce con il lavoro; tanto che si può affermare con verità che il mezzo universale per provvedere alla vita è il lavoro, impiegato o nel coltivare un terreno proprio, o nell'esercitare un'arte, la cui mercede in ultimo si ricava dai molteplici frutti della terra e in essi viene commutata. Ed è questa un'altra prova che la proprietà privata è conforme alla natura. Il necessario al mantenimento e al perfezionamento della vita umana la terra ce lo somministra largamente, ma ce lo somministra a questa condizione, che l'uomo la coltivi e le sia largo di provvide cure. Ora, posto che a conseguire i beni della natura l'uomo impieghi l'industria della mente e le forze del corpo, con ciò stesso egli riunisce in sé quella parte della natura corporea che ridusse a cultura, e in cui lasciò come impressa una impronta della sua personalità, sicché giustamente può tenerla per sua ed imporre agli altri l'obbligo di rispettarla.

(...)

La soluzione socialista è nociva alla stessa società

12. Ed oltre l'ingiustizia, troppo chiaro appare quale confusione e scompiglio ne seguirebbe in tutti gli ordini della cittadinanza, e quale dura e odiosa schiavitù nei cittadini. Si aprirebbe la via agli asti, alle recriminazioni, alle discordie: le fonti stesse della ricchezza, inaridirebbero, tolto ogni stimolo all'ingegno e all'industria individuale: e la sognata uguaglianza non sarebbe di fatto che una condizione universale di abiezione e di miseria. Tutte queste ragioni danno diritto a concludere che la comunanza dei beni proposta dal socialismo va del tutto rigettata, perché nuoce a quei medesimi a cui si deve recar soccorso, offende i diritti naturali di ciascuno, altera gli uffici dello Stato e turba la pace comune. Resti fermo adunque, che nell'opera di migliorare le sorti delle classi operaie, deve porsi come fondamento inconcusso il diritto di proprietà privata. Presupposto ciò, esporremo donde si abbia a trarre il rimedio.

 

il resto dell'Enciclica integrale la trovate qui

 

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Il gesuita Papa Francesco stocca il clericalismo

20.04.2013 09:48

Il gesuita Papa Francesco stocca il clericalismo

Visto che spesso siamo costretti a subirci gli slogan creati ad arte dai Media progressisti che strumentalizzano le parole dei Papi, questa volta analizzeremo anche noi certe frasi di Papa Francesco ma senza strumentalizzazioni di sorta, leggendoli piuttosto in termini e in chiave ecclesiale.

Abbiamo aperto questo Blog con un unico scopo: riscoprire le vie dei Santi per ritrovare nella nostra esistenza l'autentico dinamismo nel quale esercitare il ruolo dei Battezzati, ossia, dei "rivestiti di Cristo" che nella Chiesa ricevono un mandato specifico per essere veri seminatori e portatori dell'acqua viva, quella che davvero disseta, quella esperienza non con un testo scritto (per quanto sacro questo possa essere) ma dell'incontro esplosivo con una Persona speciale ed unica: Gesù Cristo, il Verbo incarnato, la Parola fatta carne.

In sostanza se questo incontro non ci cambia la vita, non ci converte e non ci rende testimoni credibili tanto da coinvolgere anche gli altri ad accostarsi al Cristo, allora rischiamo di diventare davvero una Chiesa esclusivamente "clericale", da qui la provocazione a quell'essere "anticlericali" a partire proprio da noi stessi.

La settimana scorsa, udendo Papa Francesco che già nel Giovedì Santo parlava contro una certa "autoreferenzialità" nella Chiesa, ci hanno scritto per chiederci cosa si intende con questo termine e che cosa sta cercando di dirci il nuovo Papa.

Volentieri dedichiamo questo articolo ad una più facile comprensione.

Papa Bergoglio è un Pastore della Chiesa che ben conosce le dinamiche pastorali perché non è semplicemente un teorico e non è un "curiale" bensì ha vissuto da sempre l'esperienza pastorale e con questa esperienza cerca di essere oggi il Vescovo di Roma, di fare il Papa, in sostanza l'esempio concreto, la testimonianza concreta dell'agire del Pastore nella Chiesa e nel mondo.

L'autoreferenzialità nella Chiesa è davvero una delle spine peggiori al suo fianco perché non le consente di applicare pienamente il suo essere "missionaria" e di conseguenza la priva di uno dei doni più eccelsi, quello dell'unicità nella propria dinamica che sforna santi e trae dalla moltitudine quanti sono chiamati alla vocazione, così insegnava già Benedetto XVI in molti suoi interventi.

In sostanza, autoreferenziali, significa quel compiacere sé stessi, accreditarsi da soli, parlare in modo autoreferenziale ossia esprimersi a favore di sé stessi e quindi in maniera a sé favorevole!

Significa escludere non solo Gesù Cristo, ma attribuirsi pienamente l'azione dello Spirito Santo come una sorta di servitore alle nostre intenzioni e dipendenze mentre, in verità, accade esattamente il contrario: noi siamo al servizio dello Spirito Santo, è Lui che da le referenze semmai e quindi rende credibile la Chiesa con tutta la sua missione e dottrina.

Quando diciamo che siamo "anticlericali" ci riferiamo a quel senso negativo di clericalismo autoreferenziale il quale, in ogni azione o pensiero, fa riferimento soltanto a sé stesso, alla propria vita o ai propri interessi e gusti.

Lo vediamo nel mondo della politica che è formato da una casta autoreferenziale, ideologica, partitica, che cerca di imporre il proprio pensiero.

Il pensiero che la Chiesa offre invece (non impone) non è suo nel senso che lo ha creato a tavolino, non è partitico, non è ideologico né filosofico, ma è l'incontro con Dio, l'incontro con la Persona Gesù Cristo attraverso il quale, lo Spirito Santo "fa vivere e santifica" e quindi promuove un certo pensiero universale(=cattolico) rendendo un servizio all'uomo in ogni tempo.

 

Per comprendere ancora meglio ciò che intendiamo, Papa Francesco ha spiegato nell'omelia della Messa del mattino del 19 aprile, chi sono coloro che, alla missione del Cristo, rispondono solo con la testa:

 "Sono i grandi ideologi. La Parola di Gesù va al cuore perché è Parola d’amore, è parola bella e porta l’amore, ci fa amare. Questi tagliano la strada dell’amore: gli ideologi. E anche quella della bellezza. E si misero a discutere aspramente tra loro: ‘Come può costui darci la sua carne da mangiare?’. Tutto un problema di intelletto! E quando entra l’ideologia, nella Chiesa, quando entra l’ideologia nell’intelligenza del Vangelo, non si capisce nulla. (...)

E questi, sulla strada del dovere, caricano tutto sulle spalle dei fedeli. Gli ideologi falsificano il Vangelo. Ogni interpretazione ideologica, da qualsiasi parte venga – da una parte e dall’altra – è una falsificazione del Vangelo. E questi ideologi – l’abbiamo visto nella storia della Chiesa – finiscono per essere, diventano, intellettuali senza talento, eticisti senza bontà. E di bellezza non parliamo, perché non capiscono nulla”.

E' l'ideologia del moralismo, dell'estetismo, dell'eticismo che, come tutti gli "ismi" della storia ci insegnano, falsificano non solo il Vangelo, ma di conseguenza anche l'immagine della Chiesa, il volto della Sposa, della Madre riducendola ad un accumulo di dottrine pesanti, noiose, incomprensibili.

Certo che Gesù ha insegnato, per esempio, che il Matrimonio è indissolubile e di conseguenza la Chiesa è contro il divorzio, ma ciò che manca a questi ideologi e quindi ad un certo clericalismo (anche laico) è quell'andare alla radice dell'indissolubilità, al perché Gesù la promuove, manca quell'incarnare la Parola per renderla davvero viva e visibile, comprensibile nel mondo.

Quando noi insistiamo sulla conoscenza dei Santi, non facciamo ideologia, non siamo autoreferenziali, ma poniamo come esempi dei fatti concreti, persone concrete che hanno cambiato nel loro proprio tempo situazioni stagnanti.

Ha detto infatti Papa Francesco sempre nell'omelia citata:

"I Santi sono quelli che portano la Chiesa avanti! La strada della conversione, la strada dell’umiltà, dell’amore, del cuore, la strada della bellezza … Preghiamo oggi il Signore per la Chiesa: che il Signore la liberi da qualsiasi interpretazione ideologica e apra il cuore della Chiesa, della nostra Madre Chiesa, al Vangelo semplice, a quel Vangelo puro che ci parla di amore, che porta l’amore ed è tanto bello! E anche ci fa belli, a noi, con la bellezza della santità. Preghiamo oggi per la Chiesa!”.

Qualcuno ha ragionevolmente detto che: dacché "il Verbo si fece carne" oggi abbiamo troppi che hanno trasformato "la Parola in carta"...

Non siamo forse sepolti da libri che tendono ad interpretare il Verbo, quello Eccelso, a seconda delle proprie autoreferenzialità, moralismi d'ogni sorta, slogan ideologici e quant'altro? Troppi interpreti della Parola e pochi testimoni della stessa.

Quando, infatti, parliamo dell'amore ci riferiamo a quel "Dio è amore" che seppur è riscontrabile in tutta la Scrittura, è detto letteralmente una sola volta nella Lettera di Giovanni e che non a caso apre la prima Enciclica di Benedetto XVI:

« Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui » (1Gv. 4, 16).

Queste parole della Prima Lettera di Giovanni - scrive il Pontefice - esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell'esistenza cristiana: « Noi abbiamo riconosciuto l'amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto ».

 

La prima grande professione di fede scaturisce perciò non da un testo o da chissà quali ragionamenti, ma dall'Amore vivo e vero che Dio ha per noi, ed in questo abbiamo creduto e abbiamo operato; in questo crediamo ed operiamo.

Cercando di lasciarci addolcire anche dallo stile autenticamente pastorale di Papa Francesco, sempre nell'omelia della Messa delle 7 del mattino, il 18 aprile ha detto:

"Quante volte tanta gente dice in fondo di credere in Dio. Ma in quale Dio tu credi?”, una domanda diretta con la quale il Pontefice ha messo di fronte l’evanescenza di certe convinzioni con la concretezza di una fede vera:

“Un ‘dio diffuso’, un ‘dio-spray’, che è un po’ dappertutto ma non si sa cosa sia. Noi crediamo in Dio che è Padre, che è Figlio, che è Spirito Santo. Noi crediamo in Persone, e quando parliamo con Dio parliamo con Persone: o parlo con il Padre, o parlo con il Figlio, o parlo con lo Spirito Santo. E questa è la fede”.

 

«L’ultimo scalino della consolazione — ha detto il Papa nell'omelia del mattino del 4 aprile — è la pace: si incomincia con lo stupore, e il tono minore di questo stupore, di questa consolazione è la pace». Il cristiano, pur nelle prove più dolorose, non perde mai «la pace e la presenza di Gesù» e con «un po’ di coraggio, possiamo dirlo al Signore: “Signore, dammi questa grazia che è l’impronta dell’incontro con Te: la consolazione spirituale”».

E, soprattutto, ha sottolineato poi, «mai perdere la pace». Guardiamo al Signore, il quale  «ha sofferto tanto, sulla Croce, ma non ha perso la pace. La pace, questa, non è nostra: non si vende né si compra. È un dono di Dio che dobbiamo chiedere». La pace è come «l’ultimo scalino di questa consolazione spirituale, che incomincia con lo stupore di gioia». Per questo, non dobbiamo farci «ingannare dalle nostre o da tante altre fantasie, che ci portano a credere che queste fantasie siano la realtà».

Infine, anche alla Messa a Santa Marta del 5 aprile, Papa Francesco ha spiegato l'importanza del nome di Gesù:

«Il nome di Gesù. Non c’è un altro nome. Forse ci farà bene a tutti noi, che viviamo in un mondo che ci offre tanti “salvatori”.  A volte «quando ci sono dei problemi — ha sottolineato —  gli uomini si affidano non a Gesù, ma ad altre realtà,  ricorrendo magari a sedicenti maghe  perché risolvano le situazioni, oppure vanno a consultare i tarocchi per sapere e capire cosa fare. Ma non è ricorrendo a maghi o tarocchi che si trova la salvezza: essa è  nel nome di Gesù. E dobbiamo dare testimonianza di questo! Lui è l’unico salvatore».

Un riferimento poi è stato dedicato al ruolo della Vergine Maria. «La Madonna — ha concluso il Pontefice — ci porta sempre a Gesù. Invocate la Madonna, e Lei farà quello che ha fatto a Cana: “Fate quello che Lui vi dirà!”.  Lei ci porta sempre a Gesù. È la prima ad agire nel nome di Gesù».

 

Nella Lettera inviata ai Vescovi argentini, ha così stoccato Papa Francesco:

«La malattia tipica della Chiesa ripiegata su se stessa  è l'autoreferenzialità: guardarsi allo specchio, incurvarsi su se stessa come quella donna del Vangelo. È una specie di narcisismo, che ci conduce alla mondanità spirituale e al clericalismo sofisticato».
La terapia che il Papa propone ai vescovi argentini e alla Chiesa tutta è sempre la stessa: «uscire da se stessi per andare verso le periferie esistenziali». O si fa così, o la malattia si aggrava. «Una Chiesa che non esce fuori da se stessa, presto o tardi, si ammala nell'atmosfera viziata delle stanze in cui è rinchiusa».

 

Ora, se meditiamo a fondo l'episodio di Maria alle Nozze di Cana, la soluzione stessa che ci propone la Madre è proprio questo "uscire da noi stessi" per fare "tutto ciò che Lui ci dirà"; se non facciamo e non predichiamo cosa Cristo ha detto di fare, diventiamo autoreferenziali e ci chiudiamo in noi stessi, non predichiamo più la Chiesa ma una nostra immagine di Chiesa, una nostra immagine di Cristo.

La scena a Cana è chiarissima: i veri servi non dicono una sola parola, il dialogo si svolge fra Gesù e la Madre e il tutto parte non da una richiesta personale della Madre, ma da una materna preoccupazione che è una constatazione in quel "non hanno più vino", con il rischio che tutta la festa e l'inizio di quel matrimonio potrebbero essere compromessi se Gesù non farà qualcosa. A questo punto, dopo il dialogo fra Gesù e la Madre, nostra avvocata presso il Figlio, i servi obbediranno alle istruzioni di Gesù.

E' in questo "fare tutto ciò che Lui dice" che il Signore può operare.

Questo significa uscire da se stessi e mettersi alla sequela autentica di Cristo, essere veri servi della Parola e non della sua più vasta interpretazione a seconda delle nostre opinioni, constatare le esigenze degli altri alla luce del Vangelo e rispondere come risponderebbe Cristo stesso attraverso gli esempi che abbiamo sia nei Vangeli quanto nei Santi (=Tradizione).

Certo che, come insegnava Benedetto XVI, non abbiamo delle ricette facili. La fede e la sua applicazione sono un cammino costante, anche con cadute e ricadute, ma sempre un cammino per questo i Sacramenti sono un bene insostituibile, specialmente la Confessione e l'Eucaristia. Vivere dei Sacramenti è proprio questo predisporsi per ricevere il vino buono. La Confessione, fatta bene e costantemente, ci svuota del nostro ego, l'Eucaristia ci riempie del vino buono.

Per questo invitiamo e sollecitiamo i Sacerdoti ad occuparsi delle anime e non di altro!

Li invitiamo ad essere meno clericali di quella autoreferenzialità che offusca la loro stessa identità di Ministri santificatori, "amministratori dei misteri di Dio"(cfr 1Cor.4,1) e non del loro sapere nelle loro opinioni, spesso anche speculazioni teologiche.

 

"Mi incontro oggi con voi, sacerdoti chiamati da Cristo a servirlo nel nuovo millennio. Siete stati scelti tra il popolo, costituiti nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Credete nella potenza del vostro sacerdozio! In virtù del sacramento avete ricevuto tutto ciò che siete. Quando voi pronunciate le parole "io" o "mio" ("Io ti assolvo... Questo è il mio Corpo..."), lo fate non nel nome vostro, ma nel nome di Cristo, "in persona Christi", che vuole servirsi delle vostre labbra e delle vostre mani, del vostro spirito di sacrificio e del vostro talento. (..)  Non lasciamoci prendere dalla fretta, quasi che il tempo dedicato a Cristo in silenziosa preghiera sia tempo perduto. È proprio lì, invece, che nascono i più meravigliosi frutti del servizio pastorale. Non bisogna scoraggiarsi per il fatto che la preghiera esige uno sforzo, né per l'impressione che Gesù taccia. Egli tace ma opera.

(..) In un mondo in cui c'è tanto rumore, tanto smarrimento, c'è bisogno dell'adorazione silenziosa di Gesù nascosto nell'Ostia. Siate assidui nella preghiera di adorazione ed insegnatela ai fedeli. In essa troveranno conforto e luce soprattutto le persone provate.

Dai sacerdoti i fedeli attendono soltanto una cosa:  che siano degli specialisti nel promuovere l'incontro dell'uomo con Dio. Al sacerdote non si chiede di essere esperto in economia, in edilizia o in politica. Da lui ci si attende che sia esperto nella vita spirituale".

(Benedetto XVI - Incontro con il Clero Polonia - 25 maggio 2006)

 

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19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (3)

19.04.2013 00:06

 

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (3)

perseguitato, odiato ed ostacolato per aver "adornato la Sposa di Cristo" nella Liturgia.

(parte terza ed ultima) leggi qui la seconda parte

Qualcuno, leggendo la seconda parte  avrà forse pensato che abbiamo esagerato nella descrizione di questo Pontificato. Con questo ultimo articolo della serie vi dimostreremo che non siamo gli unici a pensarla così e che è auspicabile per molti cattolici (anche tra preti e vescovi e cardinali) fare un sincero esame di coscienza.

P.S. ci è giunta una segnalazione: una lettera aperta, di un giornalista, quale "mea culpa" nei confronti di Papa Benedetto. Da leggere e riflettere, specialmente ai vaticanisti: Caro Benedetto XVI......

 

 "Santità, la menzogna e la violenza diabolica si avventano, ogni giorno, sulla Sua Sacra Persona.

Lei vive di fronte a tutta la Chiesa una singolarissima partecipazione alla Passione del Signore Gesù Cristo.

Di fronte alla Chiesa e al mondo Lei sta percorrendo “la via dolorosa”. Ci senta accanto a Lei, con un affetto infinito e con la volontà di confortare, per quanto possiamo, questo suo dolore. Nel suo dolore, Santità, vibra già tutta la potenza di Dio che, in questo dolore e per questo dolore, vince oggi il male del mondo.

(..) com’è possibile che un miliardo di cristiani assistano in silenzio ed impotenti al tentativo di distruggere il Papa, senza rendersi conto che dopo questo non ci sarà più salvezza per nessuno.

Santità, è necessario che tutti noi lavoriamo, sotto di Lei, ad una grande riforma dell’intelligenza e del cuore della Chiesa, fondata sull’adesione incondizionata al Suo Magistero ".

Con queste parole il 27 marzo 2010, mons. Luigi Negri allora Vescovo di San Marino, pubblicava una Lettera aperta per far fronte ai duri attacchi di cui fu oggetto nell'Anno Sacerdotale il Sommo Pontefice, a causa degli scandali della pedofilia nel Clero, e non solo per questi come abbiamo visto nell'articolo precedente.

I primi, con mons. Crepaldi come vedremo, praticamente le uniche voci forti che abbiano avuto il coraggio di schierarsi apertamente contro la dura ed ingiusta persecuzione che il Papa dovette subire.

Già, come è stato possibile il silenzio di un miliardo di persone che si dicono cattoliche? Sì, alla fine abbiamo assistito alle onde oceaniche di gruppi e movimenti organizzati che si sono riversati in San Pietro per dare solidarietà al Papa ma, ci perdoni oggi Papa Bergoglio, è assai più facile scendere in piazza e manifestare nella gioia fra gesti, applausi e abbracci, senza nulla ancora da difendere, anziché scendere in piazza per sostenere un Pontefice ingiustamente calunniato e perseguitato. E' vero pure che con i se e i ma non si fa la storia e siamo sicuri che se un domani Papa Francesco dovesse aver bisogno della solidarietà cattolica, la riceverebbe con lo stesso calore, resta palese che questa solidarietà proprio dal mondo cattolico, nei confronti di un Papa ingiustamente percosso, fu davvero, al principio, assai latente. E' evidente che gran parte di questa responsabilità ricade sui Media e su certa stampa che, presentandosi da cattolica ma di fatto sono lupi voraci, si sono avventati sul gregge disorientandolo e ingannandolo.

Ecco l'importanza di questa Lettera e quella di mons. Crepaldi di Trieste, per difendere il Pontefice Benedetto XVI.

E non fu certo solo colpa dello scandalo della pedofilia! e no!

L'ostilità a Papa Benedetto c'è sempre stata, fin da quando occupava la croce del Difensore della fede, Prefetto, che con disprezzo chiamavano "il panzer-cardinal" oscurando volutamente la mitezza di questo gigante della Fede, la bontà, la tenerezza.

 

Il 21 marzo sempre del 2010 così scriveva mons. Crepaldi Arcivescovo di Trieste:

"Il tentativo della stampa di coinvolgere Benedetto XVI nella questione pedofilia è solo il più recente tra i segni di avversione che tanti nutrono per il Papa."

 

Il più recente, quali furono dunque gli attacchi precedenti? Ne citiamo alcuni:

intanto la sua nomina a Pontefice, mentre la gente ne fu davvero entusiasta, il malumore non mancò di farsi sentire tra i Vescovi e qualche freddo commento fra i Cardinali (leggasi la prima parte).

Tutti sapevano chi era Ratzinger, ma molti ne avevano una immagine distorta. Con pazienza e preparando il terreno attraverso catechesi e discorsi, Benedetto XVI cominciò ad avviare una grande Riforma nella Chiesa a partire dalla Liturgia, e questa fu giudicata come un attacco alla propria e personale creatività da parte di molti. Qualcuno scriveva "la ricreazione è finita!"

In verità Ratzinger non ha imposto nulla e forse questa "troppa grazia" è stata mal digerita dai gruppi detti tradizionalisti, e dall'altra parte progressista, resa invalida la Riforma.

Benedetto XVI comincia a riformare la Messa del Pontefice fino ad allora ridotta davvero all'osso con gli altari spogliati completamente di tutto. Una Sposa denudata, ridotta a stracci, per altro costosissimi, di casule ridicole indegne pure per il mago Otelma: colorate, rasate, e non giudichiamo l'arte, ma il sacramentalmente ridicole come le casule imposte a Benedetto XVI in visita apostolica in Austria.

Finalmente dal primo ottobre 2007 le cose cambiano, arriva mons. Guido Marini nominato Maestro delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice e gli effetti si vedono. Perché spendere soldi? Ecco riaprire la Sacrestia dei Papi e rispolverare pianete, mitrie, stole e casule degne di un Pontefice, poi il dono di alcuni fedeli con seri piviali con tanto di stemma faranno il resto. Non ci voleva tanto, ma solo la buona volontà.

"Pizzi e merletti" si va dicendo con ironia, odiosi orpelli che ritornano in uso, si accusa al Pontefice, dimenticando che stiamo parlando di un Sposa non di un oggetto, tale è la Liturgia che si celebra nella Chiesa: è la Sposa che parla, che si rivolge allo Sposo; è la Sposa che solleva il Calice della salvezza e con lo Sposo offrono al Padre il Suo Sacrificio perfetto; è la Sposa che invocando lo Spirito Santo manda sulle membra i suoi sette santi doni.

Certo che "pizzi e merletti" non servono, chi e che cosa potrebbe mai essere all'altezza di esprimere visibilmente quello che accade in una vera Liturgia Cattolica? Questi "orpelli" sono solo un segno che esprime, solamente sfiorandola, la Bellezza che viviamo e di cui tanto parliamo, la vera Bellezza che salva.

Annotiamo anche una nota di "colore".

Il famoso camauro che Papa Benedetto XVI osò indossare in una udienza durante un inverno gelido. L'ignoranza di certi vaticanisti è tollerabile quando, senza conoscerne l'usanza, si scagliarono con maleducazione inaudita contro il Papa ridicolizzandolo, ma che certa ignoranza provenga dalla stampa cattolica è davvero inaccettabile. Il camauro non è solo un semplice copricapo invernale (bianco se è dopo Pasqua) che a differenza dello zucchetto protegge meglio il capo e le orecchie dal freddo, ma è anche un ricordo della "corona di spine".

Fa pensare come certa stampa si sia così presto dimenticata del beato Giovanni XXIII, così racconta l'episodio il grande sarto dei Papi, Gammarelli:

"Un giorno, durante il pontificato di Giovanni XXIII, mio padre fu chiamato in Vaticano dal Papa, che disse: 'Gammarelli, vorrei un camauro'. Mio padre cadde dalle nuvole, ma evidentemente non si dice di no ad un desiderio del Papa e disse: 'senz'altro, Santità , provvederemo immediatamente'. Mio Padre aveva una vaga idea di ciò che era un camauro e soprattutto non sapeva dove cominciare per confezionarlo e se a Roma c'erano artigiani in grado di soddisfare la curiosa richiesta. Dopo avere consultato enciclopedie di vario tipo, mio padre si accorse che il camauro era molto ben documentato dal punto di vista figurativo, ma rimaneva il problema di come farlo e chi lo potesse fare. Il problema fu presto risolto, avendo nel negozio il velluto del colore adatto ed una manodopera specializzata. Il tutto per la completa soddisfazione del Papa buono e l'orgoglio di avere esaudito un desiderio del Papa. In seguito e' stato di nuovo confezionato per Sua Santità  Benedetto XVI in velluto rosso, ma anche in damasco bianco, da indossare nel periodo pasquale".

Dove stava lo scandalo in tutto ciò tanto da ridicolizzare Benedetto XVI?

 

Ma sorvolando su questi cambiamenti nel luglio 2007, Benedetto XVI aveva osato firmare un Motu Proprio "inaccettabile": aveva osato liberalizzare la Messa nella forma oramai detta "antica", il famoso Summorum Pontificum.

Ci perdoni nuovamente Papa Bergoglio per i paragoni non già alla sua Persona quanto all'uso di certe sue scelte. Infatti i gesti compiuti da Papa Francesco appena eletto e la dismissione di mozzette ed altro, non hanno fatto altro che generare applausi e larghi consensi come se, coloro che hanno applaudito, avessero vissuto anni di profonda castrazione, manco fossero stati obbligati e costretti ad indossare loro mozzette e affini.

Basta usare la moviola e recuperare le reazioni che molti nella Chiesa hanno avuto davanti a quel Motu Proprio, quasi fossero stati obbligati ad andare alla Messa "antica".

Ci fu persino l'ammutinamento dei Vescovi francesi che scrissero una lettera al Papa per chiedergli di non firmare quella liberalizzazione, pena sarebbe stata una divisione nella Chiesa. Ecco il ricatto! Se tu firmi io ti remo contro ma resto appunto nella stessa barca.

Perché questo è stato il dramma delle persecuzioni vissute da Benedetto XVI: questa gente non se ne è andata via, è rimasta nella Chiesa remando contro.

Ve la immaginate la scena? Pietro che regge il timone, tutti che ai suoi ordini remano in una direzione, poi ad un tratto i rematori (Vescovi) cominciano a remare divisi chi da una parte chi dall'altra. Ecco cosa è accaduto in questi otto anni: disobbedienza al Pontefice su molti fronti, vi ricordiamo di leggere l'articolo illuminante di Padre Giovanni Cavalcoli O.P. "Forza e debolezza del Papato".

Tutto il 2007 si alternò tra appelli e contrappelli, al Papa ed anche contro il Papa e lui, "come agnello condotto al macello" portava la sua croce e andava mite su per il Calvario certo che l'esempio che stava dando avrebbe portato frutti a suo tempo.

 

Arriva il 2008 e il Papa compie un'altra "ingiustizia" celebra la Messa "di spalle" alla Sistina per i Battesimi, quale orrore scriverà la stampa mediatica: il Papa da le spalle ai fedeli!

Quanta superbia! Nessuno aveva pensato che, piuttosto, prima stava dando le spalle a Dio, e che proprio la sua posizione invitava anche i fedeli a volgersi tutti insieme, sacerdote compreso, verso il Signore?

Ma chi è il Protagonista nella Messa: il prete o Gesù Cristo presente realmente, vivo e vero nelle apparenze del pane e del vino, nel mistero della Transustanziazione? (leggasi anche questo articolo).

“Si è ritenuto – spiegò così la nota uscita sull'Osservatore Romano – di celebrare all’altare antico per non alterare la bellezza e l’armonia di questo gioiello architettonico, preservando la sua struttura dal punto di vista celebrativo e usando una possibilità contemplata dalla normativa liturgica. Ciò significa che in alcuni momenti il Papa si troverà con le spalle rivolte ai fedeli e lo sguardo alla Croce, orientando così l’atteggiamento e la disposizione di tutta l’assemblea”.

Subito i giornali scrivevano con perversione: ecco il "nuovo" che avanza... e che da le spalle ai fedeli!

Si comprende bene l'applauso ricevuto da Papa Bergoglio quando celebrando la sua prima Messa con i Cardinali ha invece dato "le spalle alla Croce" orientando su di se lo sguardo dell'assemblea: il "nuovo" che avanza.... e che da le spalle alla Croce. Queste scelte incomprensibili dividono, non l'atteggiamento di chi volge il proprio sguardo alla Croce.

Anche qui Benedetto XVI non impone nulla e sul sito Vaticano fa spiegare i motivi di questa scelta sperando che, essendo lui il Papa, esistano ancora christefidelis-laici, sacerdoti e vescovi pronti ad imitarlo e a seguirlo, ma invano. E il nuovo "Vescovo di Roma" sembra dare ragione ai chi duramente perseguitò questo Pontefice.

Allora prova riportando il Crocefisso sull'Altare da dove era stato ingiustamente tolto, ma anche qui, trova pochi imitatori e molti contestatori e persecutori.

A giugno del 2008, per il Corpus Domini in Laterano, prima della Processione Eucaristica, osa dare la Comunione a dei bambini in ginocchio e alla bocca, scoppia lo scandalo!

Caspita! Ricevere Gesù in ginocchio e alla bocca è diventato lo scandalo, un male!

Non possiamo ignorare il monito di Isaia: "Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro" (Is. 5,20).

 

Arriviamo così nel gennaio 2009, Benedetto XVI  animato da profonda giustizia e ben disposto verso una istituzione che sforna molti sacerdoti ottimamente preparati decide di togliere la scomunica alla Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX), apriti cielo! La miccia viene innescata non dal gesto del Papa ma da quelli che avendo saputo per tempo l'aria che tirava, non volevano e si fa uscire ad arte una intervista di un Vescovo della FSSPX il quale aveva rilasciato delle dichiarazioni personali, pochi giorni prima la decisione del Papa, non confacenti al politicamente corretto, insomma una questione di politica che con la Chiesa non c'entra nulla.

Si diramano comunicati e smentite, alla fine il Pontefice è costretto a scrivere una Lettera a tutti i Vescovi dove usa queste parole davvero allarmanti:

"A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo..."

 

Odio e intolleranza verso questo Papa!

Nella Lettera sopra citata, scrive mons. Crepaldi:

"Bisogna chiedersi come mai questo Pontefice, nonostante la sua mitezza evangelica e l’onestà, la chiarezza delle sue parole unitamente alla profondità del suo pensiero e dei suoi insegnamenti, susciti da alcune parti sentimenti di astio e forme di anticlericalismo che si pensavano superate. E questo, è bene dirlo, suscita ancora maggiore stupore e addirittura dolore, quando a non seguire il Papa e a denunciarne presunti errori sono uomini di Chiesa, siano essi teologi, sacerdoti o laici..."

 

La campagna diffamatoria è stata lanciata fin da quando Benedetto XVI è stato chiamato sul Soglio Petrino. Questo Papa, seppur circondato da molti fedeli sinceri, ha ricevuto la stessa sorte del Maestro e Signore. Basta ricordare la scena al Pretorio: la folla, la menzogna (Barabba) e la Verità (Gesù e il Suo Vicario in terra), "Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!» (Mt.27,21); la folla voleva che venisse liberata la menzogna e crocefissa la Verità, la voce di chi gridava a favore della Verità veniva soppressa dalle urla del male, ma anche da gente che durante gli anni di vita pubblica Gesù aveva in un certo modo beneficiato. Così è la vita del Vicario di Cristo in terra, aspettarsi la gloria e gli osanna sarebbe sbagliato, questi osanna durarono solo un giorno, all'ingresso a Gerusalemme, dopo tre giorni la stessa folla che lo aveva salutato ora lo insultava e lo calunniava, voleva vederlo crocefisso. Del resto vale il detto del Maestro: "se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv.12.24)

 

Arriviamo al 2010 e la Sapienza, tra le più antiche Università di Roma fondata niente meno che per volontà di papa Bonifacio VIII, il 20 aprile 1303 con la bolla pontificia "In suprema praeminentia dignitatis", lo "Studium Urbis", prima invita Benedetto XVI per una Lectio in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico, poi a causa di alcuni gruppi oppositori rigetta l'invito. Inaudito! La campagna mediatica si scatena. Per Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, le contestazioni alla visita di papa Benedetto XVI rischiano di rendere La Sapienza ''più povera'' e vogliono costruire un nuovo ''muro di Berlino'' tra cultura laica e religione. Scatta la solidarietà, gli scandali, dice il Signore, sono necessari (Mt.18,7) e gli studenti cattolici - favorevoli alla visita del Santo Padre - rispondono alla contestazione dei collettivi con una veglia di preghiera. Qui l'allocuzione che il Papa avrebbe tenuto a La Sapienza.

 

Ed altri attacchi ancora, dall'interno della Chiesa contro il Magistero di Benedetto XVI tanto da dare l'impressione, come spiegherà mons. Crepaldi, di avere un "magistero parallelo".

Queste le sue parole che vale la pena di meditare:

 

"Non era forse mai accaduto che la Chiesa fosse attaccata in questo modo. Alle persecuzioni nei confronti di tanti cristiani, crocefissi in senso letterale in varie parti del mondo, ai molteplici tentativi per sradicare il cristianesimo nelle società un tempo cristiane con una violenza devastatrice sul piano legislativo, educativo e del costume che non può trovare spiegazioni nel normale buon senso si aggiunge ormai da tempo un accanimento contro questo Papa, la cui grandezza provvidenziale è davanti agli occhi di tutti.

A questi attacchi fanno tristemente eco quanti non ascoltano il Papa, anche tra ecclesiastici, professori di teologia nei seminari, sacerdoti e laici. Quanti non accusano apertamente il Pontefice, ma mettono la sordina ai suoi insegnamenti, non leggono i documenti del suo magistero, scrivono e parlano sostenendo esattamente il contrario di quanto egli dice, danno vita ad iniziative pastorali e culturali, per esempio sul terreno delle bioetica oppure del dialogo ecumenico, in aperta divergenza con quanto egli insegna. Il fenomeno è molto grave in quanto anche molto diffuso.

Benedetto XVI ha dato degli insegnamenti sul Vaticano II che moltissimi cattolici apertamente contrastano, promuovendo forme di controformazione e di sistematico magistero parallelo guidati da molti “antipapi”; ha dato degli insegnamenti sui “valori non negoziabili” che moltissimi cattolici minimizzano o reinterpretano e questo avviene anche da parte di teologi e commentatori di fama ospitati sulla stampa cattolica oltre che in quella laica; ha dato degli insegnamenti sul primato della fede apostolica nella lettura sapienziale degli avvenimenti e moltissimi continuano a parlare di primato della situazione, o della prassi o dei dati delle scienze umane; ha dato degli insegnamenti sulla coscienza o sulla dittatura del relativismo ma moltissimi antepongono la democrazia o la Costituzione al Vangelo.

Per molti la Dominus Iesus, la Nota sui cattolici in politica del 2002, il discorso di Regensburg del 2006, la Caritas in veritate è come se non fossero mai state scritte.

La situazione è grave, perché questa divaricazione tra i fedeli che ascoltano il Papa e quelli che non lo ascoltano si diffonde ovunque, fino ai settimanali diocesani e agli Istituti di scienze religiose e anima due pastorali molto diverse tra loro, che non si comprendono ormai quasi più, come se fossero espressione di due Chiese diverse e procurando incertezza e smarrimento in molti fedeli.

In questi momenti molto difficili, il nostro Osservatorio si sente di esprimere la nostra filiale vicinanza a Benedetto XVI. Preghiamo per lui e restiamo fedelmente al suo seguito".

Mons, Crepaldi usa per ben due volte il termine "grave", parla senza mezzi termini di accanimento contro questo Papa, non è un caso che sia stato l'unico Vescovo in Italia ad aver subito, a sua volta, un accanimento di grave intolleranza nella sua diocesi.

 

Queste le parole di mons. Crepaldi a seguito della rinuncia di Benedetto XVI:

"Si è trattato di un pontificato luminoso. Tanto più luminoso quanto più difficile. Il 19 aprile 2005 sulla cattedra di Pietro si era seduto un autentico Padre della Chiesa. Lo abbiamo seguito con trepidazione in questi anni. Gli siamo stati vicini in filiale solidarietà nelle sue tante amarezze. Abbiamo gioito intellettualmente e spiritualmente dei suoi alti insegnamenti...."

 

Sì, lo crediamo anche noi! Il 19 aprile del 2005 è stato eletto a guida della Chiesa, Vicario di Cristo in terra, un grande Dottore della Chiesa.

Otto anni di dura persecuzione, calunnie, diffamazioni, ricatti, imposizioni. Non sta a noi svelare il mistero della sua rinuncia, perché il Papa, questo grande Papa non si è dimesso per l'età, né per la salute, ma nella sua grande mitezza ed umiltà ha continuato fino all'ultimo ad assumersi le proprie responsabilità, anche quelle delle dimissioni per le quali non ha esitato di parlare di gravità. Il termine "grave" ricorre molte volte, fino all'ultimo.

Ha parlato solo in bene, non si è mai lamentato, tranne quando, tirato davvero per il collo, non poté fare a meno di rimettere i Vescovi ai loro posti, lo abbiamo ricordato sopra, con quella Lettera ai Vescovi. Fino all'ultimo ha detto sempre bene di tutti, ci ha davvero insegnato cosa significa amare e perdonare.

Ha ringraziato tutti lasciando alla storia tutto il bene che ha voluto e che vuole ancora con queste parole della sua ultima Udienza:

"Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui. Il sempre è anche un per sempre - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro".

(Benedetto XVI, Ultima udienza del 27 febbraio 2013)

 

Ci vengono a mente le parole del beato Giovanni XXIII nel suo "il giornale dell'anima" dove appuntava: "Signore ti ringrazio perché mai mi sono fermato a raccogliere i sassi che mi lanciavano dietro".

Noi purtroppo per dovere di cronaca e di storia abbiamo dovuto e voluto farlo, lo riteniamo un dovere di figli verso un Padre ingiustamente perseguitato, ma senza dimenticare il suo atteggiamento di misericordia verso tutti.

Benedetto XVI nella sua intervista "Luce del mondo", disse:

 “Il fatto di trovarmi all'improvviso di fronte a questo compito immenso è stato per me un vero choc. La responsabilità, infatti, è enorme. Veramente avevo sperato di trovare pace e tranquillità. Il pensiero della ghigliottina mi è venuto: ecco, ora cade e ti colpisce. Ero sicurissimo che questo incarico non sarebbe stato destinato a me ma che Dio, dopo tanti anni faticosi, mi avrebbe concesso un po' di pace e di tranquillità. Sapevo che di lì a poco, dalla Loggia centrale, avrei dovuto pronunciare qualche parola, e ho iniziato a pensare: «Cosa potrei dire?». Per il resto, fin dal momento in cui la scelta è caduta su di me, sono stato capace soltanto di dire questo: «Signore, cosa mi stai facendo? Ora la responsabilità è tua. Tu mi devi condurre! Io non ne sono capace. Se tu mi hai voluto, ora devi anche aiutarmi!». In quel momento ho capito che accanto ai grandi Papi devono esserci anche Pontefici piccoli che danno il proprio contributo”. (Luce del Mondo, 2010).

 

Nel riconoscersi in questa vera piccolezza, possiamo dire che è stato ed è davvero un grande Pontefice della Croce.

 

 

Concludiamo questo ciclo di riflessioni su questo Pontificato, ritornandoci su con altri argomenti, elevando a Dio per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, le più ardenti suppliche affinché ci sia concesso di ricevere benefici e grazie da questo Pontefice umiliato e spezzato, ghigliottinato, cacciato e schiacciato da eventi gravi interni ed esterni alla Chiesa, eventi che avrebbero ucciso chiunque, ma non il più grande Defensor Fidei del nostro  tempo e di questi ultimi secoli moderni; l'hanno "cacciato via" e l'hanno odiato, ma egli vivrà per sempre nella gloria dei Santi.

Grazie Benedetto XVI, la sua eredità in Cristo, con Cristo sarà per sempre, riversandosi sulla Chiesa e sugli uomini di buona volontà per l'onore stesso di Cristo.

E per non concludere con un tono di amarezza, ma bensì di fierezza per cotanto Pontefice, vi rimandiamo al significativo articolo postato dal Blog di Raffaella a riguardo degli Auguri che Benedetto XVI ha ricevuto per il suo ottantaseiesimo augusto genetliaco, cliccare qui per pensare benevolmente.

 

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19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (2)

16.04.2013 19:37

 

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (2)

perseguitato ed ostacolato, il ministero di Benedetto XVI procede per 8 anni sulle profetiche Stazioni di una gloriosa Via Crucis.

(parte seconda) qui la parte prima

 

Fra le tante citazioni che si potrebbero riportare, di Ratzinger prima di essere eletto come le famose Meditazioni alla Via Crucis del Venerdì Santo 2005, o come l'Omelia alla Messa Pro eligendo Pontifice, ci piace riportare invece il suo appello ai fedeli nell'Omelia per la Messa di intronizzazione del 24.4.2005 quando disse:

" Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti e noi impariamo a portarci gli uni gli altri..."

Con tutto l'amore che vogliamo alla razza dei canidi e l'immagine affettuosa, cara alla tradizione, di un Francesco (il Santo e poverello d'Assisi) alle prese con un lupo, non possiamo non riscontrare un'altra immagine drammatica, quella biblica che ben delinea il Calvario di questo glorioso Pontificato:

"I suoi sacerdoti violano la mia legge, profanano le cose sante. Non fanno distinzione fra il sacro e il profano, non insegnano a distinguere fra puro e impuro, non osservano i miei sabati e io sono disonorato in mezzo a loro. I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi che dilaniano la preda, versano il sangue, fanno perire la gente per turpi guadagni". (Ezech. 22,26-27)

In questo breve e drammatico passo c'è tutto il sunto di questi otto anni di Pontificato benedettiano, momenti difficili e bui per la Chiesa nei quali era proprio la parola e i gesti liturgici di Benedetto XVI a portare speranza, luce, fiducia. L'umile lavoratore nella vigna del Signore è da subito circondato da lupi affamati. Del resto, come ben sappiamo, l'orso di San Corbiniano riportato nel suo stemma ci conduce passo passo all'interno di questa battaglia che, effettivamente, egli combatteva già da molti anni in qualità di Prefetto per la custodia della sana Dottrina. Detta brevemente, la storia dell'orso, ci racconta di come san Corbiniano, durante il suo pellegrinaggio verso la Tomba dell'Apostolo Pietro, venne assalito da un orso che uccise il suo cavallo. A quel punto san Corbiniano , che forse si sarà ricordato pure del Salmo: "Il cavallo non giova per la vittoria, con tutta la sua forza non potrà salvare" (32,17), si mette a parlare con l'orso, lo rimprovera per il suo gesto e così lo addomestica facendosi portare sulle sue spalle fino a Roma.

Benedetto XVI è senza armi umane e senza supporti, si affida a questo racconto per spiegare come egli veda il suo Pontificato: come l'orso che si fa carico dei problemi che hanno oscurato la cristianità del nostro tempo.

Ci si ostina a dire che Benedetto XVI eliminò la tiara dal suo stemma pontificio. Nulla di ciò è più falso. Che Egli abbia deciso di adottare la mitria è tipico del suo carattere mite e mansueto, pronto ad accettare anche una imposizione che lo coglie, invece, a sorpresa, a fatto compiuto. Lo stemma pontificio del Papa infatti venne confezionato a sorpresa e portato al Papa come dono del cardinale Montezemolo. Che piaccia o meno, non era nel carattere di Ratzinger respingere un dono. Prova ne è che sul famoso tronetto rosso usato nelle Messe, venne riportato lo stemma di Benedetto XVI con tanto di tiara e non solo lì, ma anche su alcune stole non ha esitato ad alternare il suo stemma con la tiara a quello con la mitria, per non parlare dell'uso delle stole dei predecessori con tanto di stemma e tiara; ma anche in diversi piviali e perfino si tentò di riportarla sul tappeto domenicale dell'Angelus, ma la comparsa di quello stemma di una domenica di ottobre del 2010, bastò a scatenare gli sproloqui progressisti e così, da buon mansueto, Benedetto sia, fece sparire anche quel tappeto.

Questi piccoli episodi la dicono lunga su cosa Ratzinger dovette sopportare e subire.

Così come le falsi voci sulle firme prestigiose sulle sue scarpe rosse, mantelli, mozzette varie, non sono altro che quel continuo tam-tam diffamatorio atto a voler presentare un Pontefice schivo alla povertà, spendaccione, amante del lusso. In verità lo stile di Benedetto XVI non è stato altro che decoroso e dignitoso al ruolo che ricopriva, sobrio dal punto di vista delle spese visto che per otto anni ha usato paramenti e stole dei suoi Predecessori, sobrio dal punto di vista degli oggetti visto che ha tirato fuori dal museo i vari troni dei suoi Predecessori. Lo stesso pastorale (ferula) non fu altro che un dono del Circolo di San Pietro, una usanza antica quella di donare al nuovo Pontefice la ferula e dopo che ebbe portato sia quella di Paolo VI sia quella di Pio IX.  Dunque, dove stanno tutte queste "spese"?

Ma torniamo alle cose più serie.

 

Il 17 aprile del 2008 è la prima volta nella storia della Chiesa che un Pontefice incontra uomini e donne vittime di abusi sessuali commessi da sacerdoti cattolici.

Ben consapevole di tal piaga oramai purulenta, dopo che sotto il Pontificato precedente i Vescovi e cardinali l'avevano avuta vinta di far passare tutto sotto silenzio, Benedetto XVI decide di far emergere tutto il pus velenoso che si era addensato nella piaga e convoca, non a caso, un Anno Sacerdotale (2009/2010) durante il quale le tenebre si accaniscono contro la Chiesa e cercano di ottenere il suo più completo disfacimento, ma invano!

E come non ricordare il tentativo di rovesciare questo Trono Petrino quando in quel 12 settembre del 2006, all'università di Ratisbona, di proposito si vollero usare le parole del suo Discorso storpiandole, manipolandole in modo da dare origine al "caso", ma anche qui invano!

 

E come non dimenticare il vile tentativo di far passare la sua breve esperienza militare (obbligatoria e dalla quale si defilò disertando) con indosso una divisa della aviazione, scambiata volutamente e diabolicamente quale divisa delle SS?

Ricorderemo tutti le parole di Benedetto XVI sull'aereo che lo portava a Fatima (11-14 maggio 2010) quando rispiegò il valore del Terzo Segreto di Fatima:

" Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia. Con una parola, dobbiamo ri-imparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza e le virtù teologali. Così rispondiamo, siamo realisti nell’attenderci che sempre il male attacca, attacca dall’interno e dall’esterno, ma che sempre anche le forze del bene sono presenti e che, alla fine, il Signore è più forte del male, e la Madonna per noi è la garanzia visibile, materna della bontà di Dio, che è sempre l’ultima parola nella storia...."

E come non menzionare le sue tre Encicliche diabolicamente mai fatte circolare nelle varie Diocesi e parrocchie, mai usate come strumento di evangelizzazione.

Con la Deus Caritas est Benedetto XVI mette a nudo il pericolo socialista e marxista così come il pericolo della Teologia della Liberazione;

con la Caritas in veritate mette a nudo le contraddizioni delle principali teorie economiche che dominando nel mercato politico vedono l'uomo solo come oggetto di consumo e ricavo, lo sfruttamento dell'uomo e di conseguenza il suo vero indebolimento e la conseguente crisi economica, sociale e culturale;

e infine con l'enciclica Spe Salvi nella quale, e potremmo dire davvero impietosamente, denuncia il come siamo giunti a toccare il fondo di un processo evolutivo drammatico per l'uomo, specie in Occidente, a causa di un progressivo allontanamento dalla vera unione tra fede e ragione che a fatica era stata portata già con San Benedetto per la formazione di una Europa "ragionevolmente" cristiana. Benedetto XVI non risparmia di denunciare in questa enciclica il degrado generato dal fideismo e dal liberalismo protestante, che ha negato il ruolo della ragione, poi denuncia il degrado perpetrato a causa di un prepotente laicismo illuminista che ha eliminato la fede, infine sono sopraggiunte le ideologie del XX Secolo che si sono imposte come nuove "religioni" secolari ed anticristiane, per raggiungere a quel nichilismo oggi imperante che è, appunto, quel relativismo che ha colpito l'Uomo in ogni suo ruolo, da quello familiare a quello politico, e inevitabilmente anche all'uomo religioso, al sacerdote, al vescovo...

 

Vale qui la pena di riportare un altro passo dell'articolo già citato nella prima parte, a firma del teologo Padre Giovanni Cavalcoli O.P. "Forza e debolezza del Papato" quando dice:

" Se dunque nei primi anni del postconcilio avevamo per lo più soltanto teologi rahneriani colpevolmente tollerati dai loro vescovi, adesso abbiamo vescovi rahneriani, che sono gli antichi seminaristi di un tempo formati da insegnanti rahneriani. Una situazione incancrenita e pericolosissima. Rahner è diventato un “classico” quasi fosse un Padre della Chiesa o un nuovo S.Tommaso d’Aquino. (..)

Il potere di questi prelati, essendo immediatamente e spazialmente vicino, conta più di quello del Papa, è più temibile di questo. Disobbedire al Papa in molti ambienti non porta a nessuna conseguenza, anzi si ottiene successo e si passa per moderni ed avanzati, ma disobbedire ai prelati modernisti si paga caro e può compromettere o bloccare la stessa carriera o attività ecclesiastica o sacerdotale, per quanto si possa essere teologi o docenti stimati e di lunga esperienza.

In tal modo il Papato con i pochi collaboratori fedeli che gli restano tra i vescovi e tutti i buoni cattolici, è una specie di stato maggiore di un esercito dove però l’esercito si è costituito capi per conto suo, i quali non seguono affatto le direttive dello stato maggiore, ma vanno per conto proprio con una loro politica ecclesiastica, una loro teologia ed una loro pastorale che non riflette la vera concezione cattolica, ma quella concezione ereticale di cui sopra.

E i Papato ha le mani legate, non può far quasi nulla dal punto di vista del governo, del controllo della dottrina e delle nomine ecclesiastiche. Queste ultime sono per lo più imposte od ottenute con raggiri dai modernisti, sicchè il Papa deve, come si suol dire, “far buon viso a cattivo gioco”, si trova ad avere a che fare con “collaboratori” finti o di facciata che non sono affatto  copertamente o scopertamente  veri collaboratori, ma che gli remano contro se non in modo plateale e sfacciato, certo comunque in modo reale e come un tarlo che corrode ogni giorno il sistema del Papato.

Il Papa è così sottoposto ad uno stillicidio quotidiano, ad una vita logorante difficilmente sopportabile[5],  se non fosse che abbiamo avuto in questi decenni Papi santi che hanno saputo offrire la loro vita per la Chiesa in unione con la croce di Cristo. Con tutto ciò è chiaro che il Papa ha i suoi buoni collaboratori, presenti grazie a Dio in tutti i settori della Chiesa in tutto il mondo, ma in scarsissimo numero, e tutto quello che possono fare, oltre a soffrire insieme col Vicario di Cristo, è la proclamazione della sana dottrina, peraltro sistematicamente ed immediatamente criticata, fraintesa, derisa e contestata dai potenti mezzi propagandistici dei modernisti. E’ possibile dunque sapere, in linea di principio, che cosa pensa il Magistero, ma è assai difficile metterlo in pratica a causa degli ostacoli, delle minacce, delle seduzioni e delle persecuzioni provenienti dal potere modernista.

Questa situazione di debolezza e di impotenza sorge col papato di Paolo VI e si protrae sino ai nostri giorni. Essa certamente è all’origine delle dimissioni di Benedetto XVI[6]. Il Papato con Paolo VI non è più Cristo che guida le folle[7], che compie prodigi, che corregge i discepoli, che caccia i demòni, che minaccia farisei, sommi sacerdoti e dottori della legge, ma è Cristo sofferente, “crocifisso e abbandonato”, inascoltato, disobbedito, contestato, beffato, emarginato, angosciato..."

 

Perdonate la lunga citazione, ma indispensabile per comprendere questi 8 anni di calvario di Benedetto XVI, perché parliamo appunto di Calvario, descritto da una firma assai più prestigiosa della nostra.

Va anche annotato che il cardinale Joseph Ratzinger era stato nominato Prefetto per la Congregazione della Dottrina della fede da Giovanni Paolo II il 25 novembre del 1981 e che da allora, neppure in questi 8 anni da Pontefice, egli ha mai lasciato davvero questo incarico.

Lo dicono le nomine da lui fatte in cerca di un sostituto a lui stesso diventato Pontefice, nomine insufficienti, inadeguate, inconcludenti.

Con mons. Levada (forse l'unico idoneo al ruolo) gli unici Documenti firmati risalgono a bozze che erano già state preparate da Ratzinger prima di diventare Papa. In ultimo, la nomina di mons. Muller la dice lunga sull'inadeguatezza a chi affidare questo delicato ma decisivo ruolo (anzi ci auguriamo di sbagliare riguardo alla scelta), in sostanza appare evidente che a differenza di questi due ultimi Pontificati, attualmente non abbiamo un "Defensor fidei" di elevato spessore o paragonabile all'allora Ratzinger.

Certo, qui è la responsabilità stessa del Papa che fa le nomine, ma probabilmente anche la forte carenza di Prelati adatti e soprattutto "cattolici nella Dottrina", come ha spiegato Padre Cavalcoli nell'articolo sopra, la dice lunga della grave situazione interna in cui vive la Chiesa e delle scelte difficili che spettano poi al Papa.

Ricapitolando questa seconda puntata, traspare tutto il Calvario con le Stazioni vissute da Benedetto XVI, ma tante altre se ne potrebbero citare e saranno ricordate nella terza parte dell'articolo che intendiamo preparare dopo questo.

Abbiamo voluto ricordare questi eventi perché se è vero che Benedetto XVI non è più Vescovo di Roma, Sommo Pontefice dal 28 febbraio 2013 per sua scelta, è altrettanto vero che sarà "Papa e Vicario di Cristo" fino all'ultimo dei suoi giorni perché, come si deduce dallo stesso Diritto Canonico, il ruolo di "ex Papa o ex Vicario di Cristo" non esiste, così come non esiste quello di "ex-sacerdote", il che significa, almeno per noi, che Benedetto XVI pur non essendo più alla guida della Chiesa egli è nella Chiesa, come detto da lui stesso nell'ultimo Angelus:

"Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze..." (Angelus 24.2.2013).

 

(continua nella terza parte fra qualche giorno)

 

***

 

 

 

Genetliaco di Benedetto XVI

15.04.2013 13:10

 

Per il Genetliaco di Benedetto XVI pubblichiamo, ringraziando, quaesta nota che ci è pervenuta come preghiera e come affetto, voti augurali ad un grande Pontefice del nostro martoriato tempo.

Genetliaco Benedetto XVI

 

In quel Sabato Santo

del 1927, il 16 aprile

intonava il suo canto.

*

Dalla Baviera, la Provvidenza

che tutto muoveva,

il suo sacerdozio e ministero promuoveva.

*

Raggiunse Roma

come l'orso di san Corbiniano,

lavorando per sempre all'ombra del colonnato berniniano.

*

Habemus Papam! riecheggiò nel mondo

quel 19 aprile del 2005:

Difensore della Fede, ma lo trattarono da immondo.

*

Nella sobrietà e nel silenzio del suo Pontificato

non esitò di farsi carico della croce,

sulla quale il mondo l'ha inchiodato.

*

Causa dimissionaria fu quel "morire a se stesso",

non s'è invecchiato per i suoi 86 anni,

con Cristo sul Monte affronta gli stessi tiranni.

*

Un grande Dottore è dato alla Chiesa,

troppo ci vuole al mondo per capire:

Cooperatore Veritatis, la fede degli uomini continua a nutrire.

*

Signore Gesù: se egli piange o si rallegra, ancora spera e si offre vittima di carità

 per il Tuo gregge, noi vogliamo continuare ad essere con lui;

desideriamo anzi che la voce delle anime nostre si confonda con la sua.

Deh! per pietà fa' Tu, o Signore, che nessuno di noi sia lontano dalla sua mente e dal suo cuore nell'ora in cui egli prega e offre a te il Sacrificio del Tuo benedetto Figliuolo.

E nel momento in cui il nostro veneratissimo Benedetto XVI, tenendo tra le sue mani

il Corpo stesso di Gesù Cristo, dirà al popolo sul Calice di benedizioni queste parole: «La pace del Signore sia sempre con voi», Tu fa', o Signore, che la pace Tua dolcissima discenda con una efficacia nuova e visibile

nel cuore nostro ed in tutte le nazioni.

E quando sgrana fra le mani la dolce Corona del Rosario, fà Tu,

o Madre di Dio dolcissima, che le sue e le nostre Ave Maria si fondano

in un unico coro  che salga a Te, e dal Tuo Cuore materno

si diffondano le grazie scaturite dal suo sacrificio

unito a quello del Tuo amatissimo Figlio e Signore Nostro, Gesù Cristo.

Amen.

 

***

 

 

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (1)

13.04.2013 14:16

 

19 aprile 2005 un Pontificato sul Calvario (1)

perseguitato ed ostacolato parte il ministero di Joseph Ratzinger affidato dalla Provvidenza a Benedetto XVI.

(parte prima)

 

Riportiamo, per dovere di cronaca, alcuni appunti dal sapore amaro tratti da un Diario uscito dopo quel Conclave e quindi ben prima dell'elezione del nuovo Pontefice 2013.

"E' il 17 aprile 2005, dentro le mura del Vaticano. Nel pomeriggio ho preso possesso della camera alla Casa Santa Marta. Posati i bagagli ho provato ad aprire le persiane, perché la stanza era buia. Non ci sono riuscito. Hanno spiegato che le persiane erano state sigillate. Clausura del Conclave..."

Con queste parole con cui comincia il diario di un anonimo Prelato della Curia, riportato da Repubblica nei giorni successivi a quel Conclave, possiamo ricostruire una strana situazione che avendosi dovuto verificare otto anni orsono, la ritroviamo oggi nell'ultimo Conclave dopo Benedetto XVI.

 

Ma non si viola così un segreto?

Se hanno acconsentito, sia pure in forma anonima, a rendere possibile tale ricerca di alcuni fatti avvenuti è perché hanno creduto all’intenzione non scandalistica ma rigorosamente storica di questo lavoro. Potrebbe sembrare una giustificazione alla violazione di un giuramento fatto o per accreditare il detto che il fine giustifica i mezzi, in questo caso vista la situazione nella Chiesa e l'evento storico di un Papa costretto (anche se non sappiamo ancora da chi o da cosa) a dimettersi, riteniamo un dovere anche il monito del Signore a non temere mai di dire la verità.

L’imposizione del segreto, poi, è stata decisa dai Papi innanzitutto per tutelare la libertà del Conclave: una fuga di notizie prima o durante il conclave, con i «seggi» nella Sistina ancora aperti, potrebbe condizionare le successive votazioni. Altra cosa, meno grave, crediamo, è una violazione del segreto post factum. Non c’è qui alcuna possibilità di condizionare o influenzare un fatto che è già avvenuto e può essere ormai consegnato alla storia nei suoi contorni più obiettivi.

L'idea di riportare qui queste ed altre note dei fatti ha due ragioni:

la prima è data dall'affetto che ci lega a Benedetto XVI, uno dei Pontefici più perseguitati di questi ultimi tempi, forse dovremmo risalire a Pio VII, al beato Pio IX e al venerabile Pio XII per capire quanto accanimento questo Papa ha dovuto sopportare. Forse possiamo accostarlo anche all'immagine di Paolo VI, perseguitato nel suo Magistero petrino, quando uscì l'Humanae Vitae.

Resta illuminante a riguardo il magnifico articolo riportato da Riscossa Cristiana e firmato dal teologo Padre Giovanni Cavalcoli O.P. "Forza e debolezza del Papato", che consigliamo vivamente.

La seconda ragione è che essendo ormai note di dominio pubblico affidate spesso a citazioni di profezie dei Santi, diventa lungimirante usare queste informazioni per fare un pò di ordine alle idee sia per non lasciarci travolgere dagli eventi e rischiare di cedere al disfattismo ed allo scoraggiamento, sia per ascoltare e mettere davvero in pratica le parole del Signore: " È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!" (Mt.18,7), in questo caso riteniamo più utile comprendere i fatti e cessare così di alimentare ulteriori scandali.

 

Dunque, ritornando alle pagine di quel Diario, si intuisce l'importanza dell'isolamento del Corpo elettore, affinché "lasciamo spazio allo Spirito Santo", così come diceva proprio l'allora cardinale Ratzinger nel commento al Trittico alla Sistina di Giovanni Paolo II: " Dagli occhi interiori del Papa emerge nuovamente il ricordo dei Conclave dell’agosto e dell’ottobre 1978.

Poiché anch’io ero presente, so bene come eravamo esposti a quelle immagini nelle ore della grande decisione, come esse ci interpellavano; come insinuavano nella nostra anima la grandezza della responsabilità. Il Papa parla ai Cardinali del futuro Conclave "dopo la mia morte" e dice che a loro parli la visione di Michelangelo. La parola Con-clave gli impone il pensiero delle chiavi, dell’eredità delle chiavi lasciate a Pietro. Porre queste chiavi nelle mani giuste: è questa l’immensa responsabilità in quei giorni. Si ricordano così le parole di Gesù, il "guai" che ha rivolto ai dottori della legge: "avete tolto la chiave della scienza" (Lc 11, 52). Non togliere la chiave, ma usarla per aprire affinché si possa entrare per la porta: a questo esorta Michelangelo".

Nel 2005 quelle Chiavi furono messe nelle mani che la Provvidenza aveva forgiate, preparate per tanti anni, le mani di Joseph Ratzinger. Che non tutto il Collegio cardinalizio fosse d'accordo è comprensibile. La componente umana ha sempre giocato il suo ruolo umano da quando, Duemila anni orsono, il Signore Iddio scelse l'umile Ancella per realizzare il Suo Progetto di Salvezza e da Lei attese una risposta, amava sentire quel "Fiat" voluntas tua prima di cominciare l'opera.

Come ci insegnano i Padri della Chiesa, infatti, l'Incarnazione prodigiosa avvenne nel momento del fatidico "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me quello che hai detto" e l'Angelo compiuta la sua missione, partì da Lei (cfr Lc.1,28-38).

Così, all'incirca, avviene in ogni Conclave: ogni volta è una "incarnazione", è un prodigio nonostante ci siano i calcoli umani, nonostante tutto... e non è un caso la promessa che il Signore Gesù fece solamente e singolarmente a Pietro: "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt.16,18-19).

Chiunque venga eletto, alla fine dei giochi, riceve una dignità unica (e la Grazia di Stato) perché è la Parola del Signore che conta alla fine, è la Sua fedeltà che impegna il Suo stesso progetto. Gli scandali dunque ci saranno sempre, sta a noi non essere lo scandalo!

Joseph Ratzinger viene eletto al quarto scrutinio. Ma quello che a molti di noi dall'esterno può essere sembrato una naturale continuità col suo Predecessore, fu in realtà un percorso pieno di ostacoli e di insidie utili oggi per comprendere la sofferenza e la dura persecuzione vissute da Benedetto XVI.

Tornando al Diario si legge come al terzo scrutinio fossero in verità una minoranza i cardinali poco propensi a dare il proprio voto all'ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, indirizzati piuttosto a compattarsi per eleggere da allora il primo pontefice del Sudamerica Jorge Mario Bergoglio.

Non è un mistero che il suo nome venne alla luce da subito, da quando si chiusero le porte del Conclave e che continuò a riecheggiare per molti mesi dopo.

Bergoglio così raggiunse ben 40 voti che, seppur pochi per varare l'Habemus Papam, di fatto bloccò l'elezione immediata di Ratzinger.

Sia ben chiaro che questi fatti non devono farci leggere Bergoglio quale nemico di Ratzinger, ciò che interessa a noi è comprendere l'ipotesi piuttosto veritiera di una crisi interna alla Curia romana che non solo non è finita con l'elezione "tardiva" di Bergoglio (al quale spettano ora le medesime croci e i medesimi tradimenti), ma che sta probabilmente alla radice delle ragioni più vere delle dimissioni di Benedetto XVI.

Arrivati a lunedì 18 aprile, ricostruisce il Diario, il nodo comincia a sciogliersi.

Ma il primo antagonista della vicenda non è Bergoglio, bensì il cardinale Martini.

Infatti in quello scrutinio alle ore 18 del 18 aprile la situazione è la seguente:

Joseph Ratzinger, 47 voti;

Bergoglio, 10 voti;

Martini, 9 voti;

2 voti li prende anche Tettamanzi e 6 perfino Ruini, voti o... vuoti a perdere, grazie a Dio!

Qualcuno ipotizza un testa a testa fra Martini e Ratzinger nel secondo scrutinio, ma non abbiamo prove, quindi lasciamo andare.

Resta palese tenere in grande considerazione che in verità, al cardinale Martini, non interessava affatto diventare Papa, primo per il decorso della malattia che lo aveva già colpito, secondo perché era tipico di Martini preferire il ruolo di "ante-papa" (e non anti-papa) come lui stesso ebbe a dire nel suo libro Conversazioni notturne a Gerusalemme. Cosa volesse in realtà Martini, o chi preferisse al posto di Ratzinger come Papa resta un mistero, come un mistero resta quella sua affermazione a voler essere "ante-papa", e spesso anche scandalo per certe affermazioni poco dottrinali.

Ciò che è importante è l'annotazione del Diario in questione che  sottolinea all'improvviso la svolta nel Conclave. Ci piace immaginare in questa "svolta" il vero soffio dello Spirito Santo che in qualche modo e con azioni a noi incomprensibili, ebbe così a spostare l'attenzione degli Elettori sul vero Candidato.

E poi, parliamoci chiaro: ma chi voleva fra gli eventuali papabili, diventare l'ombra di Giovanni Paolo II ed essere continuamente paragonato a lui? Perché è anche questo che ha dovuto subire Ratzinger e di cui poco si parla; serviva un capro-espiatorio.

Lo abbiamo visto con l'elezione oggi di Bergoglio: alla Messa di intronizzazione di Ratzinger, benché la piazza fosse gremita fino a Via della Conciliazione e l'entusiasmo era palpabile, la piazza e i fedeli si era riempita anche di immagini del suo Predecessore mentre, alla Messa di intronizzazione di Bergoglio nessun fedele portava l'immagine del Predecessore, per altro vivente.

Mancanza di tatto, di buona educazione, sensibilità e quant'altro, ci viene spontanea una osservazione: ma da dove uscivano questi fedeli che avevano dimenticato così in fretta Benedetto XVI? Dalle catacombe? Dove sono stati in tutti questi otto anni quelli che con un sospiro di "sollievo" intervistati dicevano: "finalmente"!

Scusate, ma "finalmente" di cosa?

O come le assurde affermazioni fatte dal cardinale Ruini di cui, in qualità di cattolici, ci vergogniamo profondamente e ne prendiamo volutamente le dovute distanze!

Così il vero antagonista di Ratzinger, nel Conclave 2005 si rivela essere di fatto Bergoglio. Tutto sommato anche lui un gesuita come lo era Martini ma tra i due, si dice anche, che in verità non corresse buon sangue. Vi è da dire che più che con Martini lo stesso Giovanni Paolo II ebbe sostegno proprio da Bergoglio che non dall'arcivescovo di Milano.

Bergoglio appoggiò e sostenne il Magistero del Papa in Argentina, se ne faceva promotore soprattutto con l'uscita del Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica del quale ebbe a dire nel 2002:

«Per questo presentiamo il messaggio del Catechismo così com'è. Colui che lo segue si salva e salva gli altri. Siamo consapevoli della sofferenza del nostro popolo, siamo consapevoli del fatto che molti bambini non possono terminare il primo ciclo d'istruzione per mancanza delle necessarie proteine. Siamo consapevoli che negli ospedali manca l'essenziale per la salute della gente. Presentare il messaggio di Gesù Cristo significa tracciare il cammino che Egli ha tracciato. Per esser degni della Sua dignità. E diciamo: ogni persona del nostro popolo ha diritto a vedere rispettata questa dignità e non a vederla calpestata. Calpestare la dignità di una donna, di un uomo, di un bambino, di un anziano è un peccato grave che grida al Cielo».

 

Un cardinale Martini avrebbe tagliato la parte iniziale in riferimento al Catechismo e avrebbe sostenuto solo l'ultima parte della frase.

Perciò, nonostante sia una forzatura quella di relegare Bergoglio a candidato "progressista", il vero antagonista di Ratzinger fu lui, forse perché molti degli Elettori vedendolo anche a 69 anni (confronto ai 78 anni di Ratzinger) e più simile ad un portamento alla Giovanni Paolo II, come oggi sta dimostrando, vedevano in Bergoglio il candidato più adatto.

Se così fosse però, ci viene confermata non solo la crisi in atto nella Curia, ma soprattutto la volontà grave (o l'aggravante) a non volere un Papa "dottrinale e teologo" che annoierebbe la piazza, ma un Papa sprint, un Papa "da vedere", un Papa che si occupi esclusivamente delle folle attraverso baci, carezze e gesti significativi. Ratzinger, per loro, non avrebbe garantito questo successo e sapevano che si sarebbe occupato di ciò per cui la Provvidenza lo aveva forgiato: Custode della Dottrina della fede, fine teologo, un Prefetto, un amante della Liturgia, un monaco nel mondo, un mistico fra la gente, Cooperatore Veritatis. Troppo "cattolico"!

Non che Bergoglio non lo sia, ma non è un teologo! Non è una diceria, egli non conseguì mai il dottorato. Non è un liturgista, a lui piace la Messa detta in cinque minuti ed è insofferente nei confronti del tempo che una liturgia appropriata (pontificia) richiederebbe. Bergoglio è pastorale, la stessa croce pettorale che ama portare riproduce infatti non il Crocefisso o il Risorto, ma il Buon Pastore. Non è mica una colpa questa, anzi, ma è un dato di fatto su cosa e chi volevano davvero i cardinali in Conclave.

Dice bene Padre Cavalcoli O.P. nel titolo sopra riportato:

" Certo, abbiamo avuto Papi francescani, ma hanno fatto i Papi e hanno smesso di fare i frati. Questo sia detto con tutto rispetto dei frati - io sono un frate domenicano - ma non bisogna confondere i ruoli nella Chiesa. I frati domenicani che sono diventati Papi hanno fatto i Papi.

Questo nuovo Papa poi è Gesuita, ed anche questa sua qualità certo ci fa sperare insieme col carissimo nome di Francesco, anzi vorremmo sperare in una sintesi tra l’energia e la dottrina del Gesuita da una parte e la mitezza ed umiltà francescane dall’altra. In ogni caso il grande problema pastorale di oggi è una ritrovata collaborazione tra Papa ed episcopato. In ciò indubbiamente è utile l’applicazione delle direttive conciliari, tuttavia adeguatamente corrette nei loro difetti e non peggiorate come vorrebbero i modernisti, pensando così di far avanzare la Chiesa e invece la fanno retrocedere.

In particolare bisogna che i vescovi, senza affatto abbandonare la bella figura del pastore evangelico delineata dal Concilio, riprendano in mano il loro ufficio di maestri e custodi della fede evitando di lasciare solo il Papa in questo gravissimo compito che spetta a tutto il Magistero della Chiesa".

 

Senza dubbio che questi discorsi sui Conclavi e sui Protagonisti possono risultare sgradevoli o spiacevoli, ma noi li offriamo solo come cronaca atta a smascherare proprio certo gioco mediatico progressista, tutto a favore di una lotta intestina alla Chiesa che se da una parte è reale, dall'altra però non vuole considerare l'azione dello Spirito Santo che continua e agisce nonostante le intenzioni umane.

Nei fatti, quel 19 aprile 2005, alle ore 16 e 30, Ratzinger riceve 84 voti contro i 26 di Bergoglio, lo spoglio delle 17,30 si ferma dopo aver superato quota settantasette. I Prelati Elettori si guardano, Ratzinger si asciuga il volto con un fazzoletto, parte l'applauso (qualcuno dirà: non troppo caloroso), Habemus Papam: Joseph Ratzinger.

(continua nella seconda parte fra qualche giorno)

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Ecumenismo senza incertezze, ma.....

10.04.2013 00:58

 

 

Ecumenismo senza incertezze, ma.....

... il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno » (Mt 5,33-34.37).

 

Apprendiamo da Radio Vaticana del giorno 8.4.2013 quanto segue:

Ieri mattina, Papa Francesco ha ricevuto in udienza il dottor Nikolaus Schneider, presidente della Chiesa Evangelica in Germania, con la consorte e il seguito. Su questo importante incontro di carattere ecumenico, ci riferisce il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:

L’incontro è stato veramente molto cordiale, e il “Präses” Schneider ha fatto al Santo Padre le sue felicitazioni, anche per l’inizio così felice ed entusiasmante del nuovo Pontificato, e ha manifestato anche il suo apprezzamento per la scelta del nome “Francesco”, perché è un nome di un Santo che parla veramente a tutti i cristiani in un modo estremamente efficace. (..)

Il “Präses” ha ricordato l’avvicinarsi della memoria della Riforma nel 2017, momento estremamente importante, evidentemente, per la Chiesa evangelica in Germania, e il Papa ha colto l’occasione per ricordare i discorsi fatti da Papa Benedetto a Erfurt, nel luogo dove era vissuto e dove aveva operato Lutero: quindi, discorsi particolarmente significativi per quanto riguarda l’ecumenismo e i rapporti tra la Chiesa cattolica e la tradizione della Riforma e la figura di Lutero, in particolare. Quindi, l’incontro è stato estremamente fruttuoso e significativo dell’indirizzo ecumenico che anche questo Pontificato porta avanti senza incertezze.

 

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Fin qui la notizia, diplomazia a go-gò, un fiume di parole e di politicamente corretto. Noi ci vogliamo soffermare sulle due parti sottolineate:

 

1) il dottor Nikolaus Schneider ha: manifestato anche il suo apprezzamento per la scelta del nome “Francesco”, perché è un nome di un Santo che parla veramente a tutti i cristiani in un modo estremamente efficace.

 

Perdonateci se questo apprezzamento non solo non lo comprendiamo ma lo riteniamo davvero e volgarmente fasullo e questo perché se, come dice l'evangelico Schneider quel Santo " parla veramente a tutti i cristiani in un modo estremamente efficace" come mai lui non si è ancora convertito all'Eucaristia, al riconoscimento del Magnificat che vede la lode a Maria, Madre di Dio, e al primato Petrino?

Se non rammentiamo male San Francesco d'Assisi, quello vero, spogliandosi in piazza di ciò che lo legava alla figliolanza umana e terrena, si lasciò tuttavia ricoprire del piviale del suo Vescovo (piviale in tessuto prezioso) riconoscendone la piena autorità su di lui; si recò a Roma dal "Signor Papa" per ottenere l'approvazione del suo Ordine, e sempre al Signor Papa supplicò l'approvazione di una famosa Indulgenza tutt'oggi in vigore nonostante che Lutero si stracciò le vesti contro questa pia pratica (il Perdono di Assisi).

E come  "manifestare questo apprezzamento" se San Francesco adorava la Divina Eucaristia e la Liturgia, ritenendole di tanta altezza tanto da non ritenersi degno di diventare sacerdote?

Insomma, evitiamo di prenderci in giro!

Se a Papa Francesco piace essere adulato, è un problema suo, ma il discernimento è un consiglio evangelico: Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe (Mt.10,16). ammonisce il Signore!

Quindi vorremmo chiedere al dottor Nikolaus Schneider: come fa a dire che Francesco è il nome di un Santo che parla a tutti i cristiani in modo efficace? Lei si è forse convertito? E' diventato cattolico?

Ci aiuti a capire in che senso San Francesco andrebbe interpretato, per lei e... per Padre Federico Lombardi che, pur volendo comprendere il suo essere solo un portavoce,  certe affermazioni possano stonare in ambiente cattolico e il non fare nulla per questo è mancanza di carità da quest'altra parte, lasciando molti fedeli nella confusione, nell'incertezza o peggio porgendo loro su un piatto d'argento il sincretismo.

Infine chiedo sempre al dottor Schneider: ci perdoni ma il nome di Benedetto che ha costruito le basi dell'Europa che lei vive e che davvero parlerebbe (solo se fosse ascoltato) a tutti i cristiani in "modo estremamente efficace", le faceva così schifo?

Ma questo è Ecumenismo o lecchinaggio di bassa lega?

Ma quando la finiamo con questa diplomazia del politicamente corretto?

A quando l'applicazione del monito di Cristo: il vostro parlare sia si, si - no, no; perché il di più viene dal maligno?

A che servono questi elogi al nuovo Papa? Gli servono forse per andare in Paradiso? Gli servono per governare la Chiesa?

Se lo ricorderà la Santa Sede che noi non siamo un governo statale come quelli umani? A quando l'evangelizzazione cattolica in campo ecumenico?

Oppure ci fermeremo sempre a notiziari di questo squallido spessore con strette di mano, sorrisini e sorrisetti, scambio di doni mentre migliaia di anime si stanno dannando?

E si perché la Chiesa evangelica riconosce la legittimazione dell'omicidio dell'aborto, appoggia e sostiene il divorzio e i matrimoni omosessuali.... è forse questo il Santo Francesco che parla a tutti i cristiani, anche agli evangelici in maniera così tanto efficace tanto da farli desistere dal convertirsi? E' forse questo che vogliono dal nuovo Papa dallo stesso nome: il francescanesimo sincretista condannato nelle Udienze del Mercoledì da Benedetto XVI?

dice Benedetto XVI in quella Udienza: "....è importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui. Le due realtà vanno insieme: il Successore di Pietro, i Vescovi, la Chiesa fondata sulla successione degli Apostoli e il carisma nuovo che lo Spirito Santo crea in questo momento per rinnovare la Chiesa. Insieme cresce il vero rinnovamento... (..)

alcuni storici nell’Ottocento e anche nel secolo scorso hanno cercato di creare dietro il Francesco della tradizione, un cosiddetto Francesco storico, così come si cerca di creare dietro il Gesù dei Vangeli, un cosiddetto Gesù storico. Tale Francesco storico non sarebbe stato un uomo di Chiesa, ma un uomo collegato immediatamente solo a Cristo, un uomo che voleva creare un rinnovamento del popolo di Dio, senza forme canoniche e senza gerarchia. La verità è che san Francesco ha avuto realmente una relazione immediatissima con Gesù e con la parola di Dio, che voleva seguire sine glossa, così com’è, in tutta la sua radicalità e verità. E’ anche vero che inizialmente non aveva l’intenzione di creare un Ordine con le forme canoniche necessarie, ma, semplicemente, con la parola di Dio e la presenza del Signore, egli voleva rinnovare il popolo di Dio, convocarlo di nuovo all’ascolto della parola e all’obbedienza verbale con Cristo. Inoltre, sapeva che Cristo non è mai “mio”, ma è sempre “nostro”, che il Cristo non posso averlo “io” e ricostruire “io” contro la Chiesa, la sua volontà e il suo insegnamento, ma solo nella comunione della Chiesa costruita sulla successione degli Apostoli si rinnova anche l’obbedienza alla parola di Dio.

E’ anche vero che non aveva intenzione di creare un nuovo ordine, ma solamente rinnovare il popolo di Dio per il Signore che viene. Ma capì con sofferenza e con dolore che tutto deve avere il suo ordine, che anche il diritto della Chiesa è necessario per dar forma al rinnovamento e così realmente si inserì in modo totale, col cuore, nella comunione della Chiesa, con il Papa e con i Vescovi. Sapeva sempre che il centro della Chiesa è l'Eucaristia, dove il Corpo di Cristo e il suo Sangue diventano presenti. Tramite il Sacerdozio, l'Eucaristia è la Chiesa. Dove Sacerdozio e Cristo e comunione della Chiesa vanno insieme, solo qui abita anche la parola di Dio. Il vero Francesco storico è il Francesco della Chiesa e proprio in questo modo parla anche ai non credenti, ai credenti di altre confessioni e religioni...."

 

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Veniamo al secondo punto:

 

2) Il dottor Nikolaus Schneider ha ricordato l’avvicinarsi della memoria della Riforma nel 2017, momento estremamente importante, evidentemente, per la Chiesa evangelica in Germania....

E' bene sottolineare che questa "memoria" è importante "evidentemente" per loro, non certo per noi!

Noi cosa dovremmo festeggiare? Si sono forse convertiti? Hanno riconosciuto i loro errori? Hanno fatto il Mea Culpa? Hanno riconosciuto la Presenza reale di Cristo nell'Eucaristia? Riconoscono tutti e sette i Sacramenti? Perché dovremmo essere coinvolti? Nella stessa Festa di Pentecoste, si legge, "erano tutti insieme con Maria" era la Chiesa, l'unica Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, non evangelica, quella non c'era, quella è nata con Lutero.

Che Papa Francesco abbia ricordato i Discorsi ad Erfurt fatti dal Predecessore Benedetto XVI, gli fa davvero onore, bella mossa! Lo diciamo davvero e convinti.

Era la migliore risposta che potesse dare loro perché infatti, Benedetto XVI, non ha dato vane speranze e non ha promesso inciuci né sincretismo religioso.

Dopo la visita di cortesia ad Erfurt, dove l'allora Pontefice ha parlato di una unità fondamentale nell'etica e nella morale universale(=cattolica) a riguardo dei principi non negoziabili, si è recato a Wallfahrtskapelle di Etzelsbach per recitare i Vespri Mariani, donando un Rosario alla Madonna del Santuario di Etzelsbach e ha detto:

" Quando i cristiani in tutti i tempi e in tutti i luoghi si rivolgono a Maria, si fanno guidare dalla certezza spontanea che Gesù non può rifiutare le richieste che gli presenta sua Madre; e si poggiano sulla fiducia incrollabile che Maria è al tempo stesso anche Madre nostra – una Madre che ha sperimentato la sofferenza più grande di tutte, che percepisce insieme con noi tutte le nostre difficoltà e pensa in modo materno al loro superamento. Quante persone nel corso dei secoli sono andate in pellegrinaggio a Maria per trovare davanti all’immagine dell’Addolorata – come qui ad Etzelsbach – consolazione e conforto! (..)

La nostra fiducia nell’intercessione efficace della Madre di Dio e la nostra gratitudine per l’aiuto sempre nuovamente sperimentato portano in sé in qualche modo l’impulso a spingere la riflessione al di là delle necessità del momento. Che cosa vuol dirci veramente Maria, quando ci salva da un pericolo? Vuole aiutarci a comprendere l’ampiezza e la profondità della nostra vocazione cristiana. Con delicatezza materna vuole farci capire che tutta la nostra vita deve essere una risposta all’amore ricco di misericordia del nostro Dio. (..)

In questa certezza, preghiamo Maria, in questa certezza crediamo in Gesù Cristo nostro Signore e nostro Dio. Amen".

 

Ora o il dottor Nikolaus Schneider era assente durante la visita di Benedetto XVI in Germania, oppure non ha capito nulla dei suoi Discorsi, oppure sta prendendo in giro il nuovo Papa, non si scappa!

Che la Chiesa Cattolica anche con Papa Francesco prosegue su questa linea ecumenica è davvero una certezza e non c'era bisogno da parte di Padre Lombardi sottolineare che " anche questo Pontificato porta avanti senza incertezze..", nessuno avrebbe preteso di stroncare il dialogo aperto, una buona parola non la si nega a nessuno, nè la Chiesa prima del Concilio con tutti i suoi Santi (visto che sono stati canonizzati) marciava contro gli altri. Se poi si voleva tranquillizzare la Comunità Evangelica protestante ed eretica, lo comprendiamo, ma è meglio puntualizzare!

Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno » (Mt 5,33-34.37).

 

Vogliamo concludere con una ciliegina sulla torta:

«Papa Francesco ha portato una ventata di giovinezza e di futuro nella vita di questa antica e così radicata chiesa di Roma».

Lo ha affermato il cardinal Camillo Ruini, vicario emerito, all'indomani della solenne liturgia di insediamento del Papa sulla cattedra romana, a San Giovanni in Laterano. «Per la Chiesa italiana - ha detto Ruini a Radio Vaticana - l'elezione di Papa Francesco è stata una scossa di fiducia, energia spirituale, rinnovamento. Una grande boccata di ossigeno che è arrivata a tutti e della quale tutti dobbiamo essere grati».

 

Senza nulla togliere a Papa Francesco che fino ad oggi, francamente, non si è ancora pronunciato sui temi più dibattuti della società, né sul governo della Chiesa con tutti i suoi problemi, vogliamo fare alcune domande al cardinale Ruini:

perdoni eminenza, ma fino ad oggi come ha potuto respirare? Può insegnarci la sua ricetta miracolosa? Come ha fatto sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a respirare? E' forse un sopravvissuto della tirannia papale dei Papi precedenti o solo dell'ultimo Pontefice perché lo ha rimosso da Vicario di Roma?

Non le sembra davvero vergognoso il suo entusiasmarsi mentre il Papa precedente, seppur paradossalmente, è ancora vivente?

Quindi ci faccia capire, secondo le sue affermazioni con il Pontificato precedente:

- la Chiesa di Roma non era più giovane, non aveva più un futuro. La Chiesa italiana non aveva più fremiti, e non aveva più fiducia, addirittura non aveva più energia spirituale, mancava di rinnovamento.

E così è arrivata finalmente una boccata d'ossigeno.... Papa nuovo, anzichè un nuovo Papa, come giusto dicevamo in un altro articolo, ci dica Ruini, lei l'ha vissuto come "boccata d'ossigeno" l'Anno Sacerdotale del 2009/2010? Se la Chiesa di Roma è stagnata è colpa del Papa o vostra, sua e di Vallini e per il cui compito vi siete davvero rivelati dei fallimenti?

Ma non vi vergognate?

Troppa fiducia vi diede Benedetto XVI; stia attento Papa Francesco da chi si circonda.

Chi è capace di sputare in faccia ad un Papa vivente seppur emerito, è capace di accoltellare anche quello regnante.

 

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Buona Pasqua di Nostro Signore Gesù Cristo

29.03.2013 11:39

 

CAPITOLO XVI.

Meditazioni sulla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo

di Sant'Alfonso M. de Liguori

Dell'amore del Figlio di Dio in aver voluto morire per noi

1. Ecco il tuo tempo, tempo dell'amore... E sei diventata di una bellezza straordinaria (cf Ez 16, 8, 13). Quanto dobbiamo al Signore noi Cristiani, che ci ha fatti nascere dopo la venuta di Gesù Cristo! Il tempo nostro non è più tempo di timore, come era quello degli Ebrei, ma tem­po di amore, avendo veduto un Dio morto per la nostra salute (salvezza) e per essere amato da noi. E' di fede, che Gesù ci ha amati, e per no­stro amore si è dato alla morte: Cristo ci ha ama­ti e ha dato se stesso per noi (cf Ef 5, 2). E chi mai avrebbe potuto far morire un Dio onnipo­tente, se egli stesso volontariamente non avesse voluto dar la vita per noi? Io offro la mia vita... Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso (Gv 10, 17-18). Perciò nota S. Giovanni che Gesù nella sua morte ci diede l'ultima prova che potea darci del suo amore: Dopo aver amato i suoi... li amò sino alla fine (Gv 13, 1). Gesù nelle sua morte, dice un divoto autore, ci diede il segno più grande del suo amore, dopo cui non gli restò che fare per dimostrarci quanto ci amava.

Amato mio Redentore, voi per amore vi siete donato tutto a me: io per amore mi dono tutto a voi. Voi per la mia salute (salvezza) avete da­ta la vita: io per la vostra gloria voglio morire quando e come vi piace. Voi non avete avuto più che fare per acquistarvi il mio amore: ma io ingrato vi ho cambiato per niente.

Gesù mio, me ne pento con tutto il cuore, per­donatemi voi per la vostra Passione; ed in se­gno del perdono datemi l'aiuto per amarvi. Io sento in me, per vostra grazia, un gran deside­rio di amarvi, e risolvo d'esser tutto vostro; ma vedo la mia fiacchezza e vedo i tradimenti che vi ho fatti; voi solo potete soccorrermi e ren­dermi fedele. Aiutatemi, amor mio; fate che io v'ami e niente più vi domando.

2. Dice il B. Dionisio Cartusiano che la Pas­sione di Gesù Cristo fu chiamata un eccesso: Chiamavano il suo eccesso quello che avrebbe dovuto portare a compimento in Gerusalemme, perché fu un eccesso di pietà e d'amore. Oh Dio! e qual fedele potrebbe vivere senza amar Gesù Cristo, se spesso meditasse la sua Passione? Le piaghe di Gesù, dice S. Bonaventura, perché son piaghe d'amore, son dardi e fiamme che feriscono i cuori più duri ed accendono le anime più gelate.

Il B. Errico Susone un giorno, per imprimersi maggiormente nel cuore l'amore verso Gesù ap­passionato, prese un ferro tagliente e si scolpì a caratteri di ferite sopra del petto il nome del suo amato Signore; e stando così bagnato di san­gue se ne andò poi alla Chiesa, e prostrato avan­ti il Crocefisso gli disse: « O Signore, unico amo­re dell'anima mia, rimirate il mio desiderio: io avrei voluto scrivervi più dentro al mio cuore, ma non posso. Voi che potete il tutto, supplite quello che manca alle mie forze, e nel più pro­fondo del mio cuore imprimete il vostro nome adorato sì che non si possa cancellare in esso nè il vostro nome nè il vostro amore ».

Il mio diletto è candido e rubicondo, scelto tra migliaia (cf Ct 5, 10). O Gesù mio, voi siete tutto candido per la vostra illibata innocenza; ma state poi su questa croce tutto rubicondo di piaghe sofferte per me. Io vi eleggo per unico oggetto del mio amore. E chi voglio amare, se non amo voi? Quale oggetto fra tutti io posso trovare più amabile di voi, mio Redentore, mio Dio, mio tutto? V'amo, o Signore amabilissimo, v'amo sopra ogni cosa. Fate voi ch'io vi ami con tutto il mio affetto e senza riserba.

3. Se conoscessi il mistero della croce! Disse S. Andrea al tiranno! O tiranno, ei volle dire, se tu intendessi l'amore che ti ha portato Gesù Cristo in voler morire su di una croce per sal­varti, tu lasceresti tutti i tuoi beni e speranze terrene, per darti tutto all'amore di questo tuo Salvatore. Lo stesso dee dirsi a quei fedeli che credono bensì la Passione di Gesù, ma poi non ci pensano.

Ah che se tutti gli uomini pensassero all'amo­re che Gesù Cristo ci ha dimostrato nella sua morte, chi mai potrebbe non amarlo? Egli, l'ama­to Redentore, dice l'Apostolo, a questo fine è morto per noi: acciocché coll'amore dimostratoci nella sua morte si facesse padrone dei nostri cuo­ri: Per questo Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. Sia che moriamo, sia che viviamo siamo dunque del Signore (Rm 8, 19, 18). O dunque moriamo o vi­viamo è giusto che siamo tutti di Gesù che a tanto costo ci ha salvati. Oh chi potesse dire come dicea l'innamorato S. Ignazio martire che eb­be la sorte di dar la vita per Gesù Cristo. Venga­no sopra di me le fiamme, le croci, le fiere e tutti i tormenti, purché io faccia acquisto e mi goda Gesù Cristo mio.

O caro mio Signore, voi siete morto per acqui­stare l'anima mia; ma che ho fatto io per far ac­quisto di voi bene infinito! Ah Gesù mio, quan­te volte vi ho perduto per niente! Misero io già conosceva che perdeva la vostra grazia col mio peccato, conosceva che vi dava un gran disgusto, e pure l'ho fatto! Mi consolo che ho da fare con una bontà infinita che si scorda delle offese, allor­ché un peccatore si pente e l'ama. Sì, mio Dio, mi pento e v'amo. Deh perdonatemi voi e voi dominate da oggi innanzi in questo mio cuore ri­belle. Io a voi lo consegno: a voi mi dono tutto intieramente. Ditemi quel che volete, che io tut­to lo voglio fare. Sì, mio Signore, vi voglio ama­re, vi voglio contentare in tutto; datemi forza voi, e spero di farlo.

4. Gesù colla sua morte non ha finito di amar­ci; egli ci ama e ci va cercando collo stesso amo­re con cui venne dal cielo a cercarci ed a morire per noi.

E' celebre la finezza d'amore che dimostrò il Redentore a S. Francesco Saverio allorché viag­giando questi per mare, in una tempesta gli fu tolto da un'onda il suo Crocifisso. Arrivato poi il santo al lido, stava mesto ed anelava di ricu­perare l'immagine del suo amato Signore; ed ec­co che vide un granchio che veniva alla sua vol­ta col Crocifisso inalberato tra le sue branche. Egli allora gli andò all'incontro e con lagrime di tenerezza e d'amore lo ricevè e se lo strinse al petto.

Oh con quale amore va Gesù a quell'anima che lo cerca! Buono è il Signore... con l'anima che lo cerca (Lam 3, 25), ma a quell'anima che lo cerca con vero amore. Ma posson pensare di aver questo vero amore coloro che ricusano le croci che sono loro inviate dal Signore? Cristo non cercò di pia­cere a se stesso (Rm 15, 3). Cristo, espone Cor­nelio a Lapide, non servì la propria volontà, ma offrì tutto questo e la propria vita per la nostra salvezza. Gesù per amor nostro non cercò piace­ri terreni, ma cercò le pene e la morte con tut­tochè era innocente: e noi che cerchiamo per amore di Gesù Cristo? Si lamentava un giorno S. Pietro martire, stando in carcere per una ingiusta accusa che gli era stata fatta, e diceva: « Ma, Signore, che ho fatto io che ho da patire questa persecuzione? ». Gli rispose il Crocifisso: « Ed io che male ho fatto che ho dovuto stare su questa croce? ».

O mio caro Salvatore, diceste che male avete fatto? Ci avete troppo amati, mentre per amor nostro avete voluto tanto patire. E noi, che per li peccati nostri meritavamo l'inferno, ricusere­mo di patire quello che voi volete per nostro be­ne? Voi, Gesù mio, siete tutto amore con chi vi cerca. Io non cerco le vostre dolcezze e consola­zioni: cerco solo voi e la vostra volontà. Donate­mi il vostro amore, e poi trattatemi come vi pia­ce. Abbraccio tutte le croci che mi manderete, po­vertà, persecuzioni, infermità, dolori; liberatemi solo dal male del peccato, e poi caricatemi d'ogni altro male. Tutto sarà poco a confronto dei mali che voi avete sofferti per amor mio.

5. Dice S. Bernardo che per liberare lo schia­vo il Padre non ha perdonato al Figlio e il Figlio non ha perdonato a se stesso. E dopo un tanto amore verso gli uomini vi potrà essere uomo che non ami questo Dio sì amante? Scrisse l'Aposto­lo, che Gesù è morto per tutti noi, affinché noi vivessimo solo a lui ed al suo amore (cf 2 Cor 5, 15). Ma oimè, che la maggior parte degli uomini, dopo esser morto per essi un Dio, vivono ai pec­cati, al demonio e non a Gesù Cristo! Dicea Pla­tone che l'amore è calamita dell'amore. E Seneca replicava: Ama se vuoi essere amato. E Gesù, che morendo per gli uomini sembra che sia impazzito per nostro amore - dice S. Gregorio - come va che dopo tanti contrassegni d'amore non ha po­tuto tirarsi i nostri cuori? Come, con amarci tan­to, non è ancor giunto a farsi amare da noi?

Oh che vi amassero tutti gli uomini, Gesù mio amabilissimo! Voi siete un Dio degno di un amo­re infinito. Ma povero mio Signore, permettete­mi che così vi chiami, voi siete così amabile, voi avete fatto e patito tanto per essere amato dagli uomini, ma quanti poi son quelli che vi amano? Vedo quasi tutti gli uomini applicati ad amare chi i parenti, chi gli amici, chi le carogne, le ric­chezze, gli onori, i piaceri, e chi anche le bestie: ma quanti sono quelli che amano voi, amabile infinito? O Dio, son troppo pochi, ma fra questi pochi voglio essere io misero peccatore che un tempo anche vi ho offeso con amare il fango e partendomi da voi; ma ora v'amo e vi stimo sopra ogni bene e solo voi voglio amare. Perdona­temi, Gesù mio, e soccorretemi.

6. Dunque, o Cristiano, dicca S. Cipriano, Dio è contento di te sino a morire per acquistarsi il tuo amore, e tu non sarai contento di Dio, sì che amerai altri oggetti fuori del tuo Signore?

Ah no, mio amato Gesù, io non voglio altro amore in me che non sia per voi; io di voi son contento: rinunzio a tutti gli altri affetti, mi ba­sta solo il vostro amore. Sento che voi mi dite: Mettimi come sigillo sul tuo cuore (Ct 8, 6). Sì, Gesù mio crocifisso, io vi pongo e ponetevi an­cora voi per suggello sopra del mio cuore, accioc­ché resti chiuso ad ogni altro affetto che non ten­de a voi. Per lo passato vi ho disgustato per al­tri amori, ma al presente non ho pena che più mi affligga che il ricordarmi di aver coi miei peccati perduto il vostro amore. Per l'avvenire: chi più dal vostro amore mi dividerà? (cf Rm 6, 35).

No, mio amabilissimo Signore, dopo che mi avete fatto conoscere l'amore che mi avete porta­to, io non mi fido di vivere più senza amarvi. V'amo, amor mio crocifisso; v'amo con tutto il cuore, e vi do quest'anima mia tanto cercata ed amata da voi. Deh per li meriti della vostra mor­te, che con tanto dolore separò l'anima vostra be­nedetta dal vostro corpo, distaccatemi da ogni amore che può impedirmi l'essere tutto vostro e di amarvi con tutto il mio cuore.

Maria, speranza mia, aiutatemi voi ad amare solo il vostro dolcissimo Figlio, sì che io possa con verità sempre replicare in tutta la mia vita: L'amore mio è stato crocifisso. L'amore mio è sta­to crocifisso. Amen.

Orazione di S. Bonaventura

O Gesù che per me non avete perdonato a voi stesso, imprimete in me la vostra Passione, ac­ciocché io dove mi volti, miri le vostre piaghe e non trovi altro riposo che in voi e nel meditare le vostre pene. Amen.

Con questi sentimenti il Blog con il suo Staff formula a tutti i Visitatori gli Auguri più fervidi per una Buona e Santa Pasqua di Nostro Signore Gesù Cristo.

Ricordiamo anche che da oggi inizia la Novena alla Divina Misericordia di Santa Faustina Kowalska.

 

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Un nuovo Papa e non un papa nuovo

25.03.2013 13:02

 

Nuovo Papa e non un Papa nuovo

 

Abbiamo ricevuto diverse e-mail che ci chiedevano come mai tanto silenzio sul "Papa nuovo", ci è stato chiesto cosa ne pensiamo e se forse non fossimo contrari a questa elezione.

In verità ci siamo astenuti, di proposito, di perseguire la classica rincorsa mediatica e magari di fare a gara a chi avesse poi sparato le balle più grosse.

Di proposito e perseguendo la virtù della prudenza abbiamo voluto attendere di far passare il ciclone della novità, l'emozione di una elezione, cercando di evitare quella infatuazione alimentata da molte immagini esteriori che solitamente fanno presa sui Media riversandosi, spesso rovinosamente, sulle migliaia di fedeli che sempre attendono qualcosa di "nuovo" e spesso si stancano della quotidianità, o perfino di avere un "vecchio" Papa.

 

Come avrete compreso oggi parliamo dell'uso di questo termine "nuovo".

Cominciamo con il dire che non abbiamo un Papa "nuovo" ma bensì abbiamo un nuovo Papa. La differenza è cosmica! Perciò facciamo attenzione a come usiamo le parole.

Certe parole vengono usate oggi con una tale perversione da insinuarsi all'interno di un gergo cattolico che, però, finisce anche con il diffondere l'errore.

Da dopo il Concilio Vaticano II abbiamo cominciato ad udire sempre più spesso questo termine: una Chiesa "nuova", con il perverso intento di voler usare il Concilio per pretendere dalla "chiesa nuova" anche un corpus dottrinale "nuovo". Tutto "nuovo" perchè il vecchio ha stancato, è "passato", anzi, non è al passo con i tempi. Già San Paolo ammoniva: "Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche", (1Tim.4,1);

"Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia" (Ebr.13,9).

Così come ancora più esplicitamente ammoniva l'allora cardinale Ratzinger pochi giorni prima di essere eletto Sommo Pontefice, alla Messa Pro Eligendo Pontefice:

 

"Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.

Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo.

É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità".

 

"Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo..."

(Efesini 4,14-15).

 

E' proprio la Sacra Scrittura, interpretata correttamente, che ci dice che abbiamo così un "nuovo Papa" e non già una Papa "nuovo - una chiesa nuova" ecc.... La dottrina è immutabile, ed è proprio questa immutabilità che rende all'elezione di ogni Pontefice non una novità sulle dottrine, ma una novità (= termine che viene da nuovo, novello, fresco, giovane, novizio), un concetto di nuovo non nella dottrina immutabile della Chiesa sigillata anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica in ben cinquecento pagine, ma nuovo in quella freschezza tipica di chi, appena eletto, porta sempre una ventata di fresco, di giovanile, nuovi modi per ridonare l'eterna dottrina immutabile.

 

Un "Nuovo Papa" non significa altro che un ricambio nel gestire e nella gestione di quella Dottrina che ogni Pontefice, per dirsi tale, ha l'obbligo e il dovere di trasmettere integralmente e fedelmente. Non dunque nel cambiare la dottrina, ma nel porla in modo fresco, con l'entusiasmo che contraddistingue e accompagna, umanamente parlando, l'impatto del nuovo eletto.

 

Tralasceremo di riportare qui l'odioso e il perverso gioco mediatico del fare i paragoni fra Pontefici. Sono perditempo e nocivi alla pace e salute dell'anima.

Dobbiamo piuttosto far prevalere l'impostazione "nuova, giovanile, fresca" del nuovo Pontefice a riguardo proprio della Dottrina.

Ebbene, Papa Francesco ha cominciato parlando del Diavolo! E noi non possiamo che ringraziarlo visto che ne abbiamo parlato anche qui: DEMONIO INFERNO: come parlarne ai bambini?, e dobbiamo ascoltare il "nuovo Papa", e mettere in pratica quanto dice:

"Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio. Camminare, edificare-costruire, confessare".

(14 marzo 2013: Papa Francesco, Santa Messa con i Cardinali);

 

"La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti! E in questo momento viene il nemico, viene il diavolo, mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente ci dice la sua parola. Non ascoltatelo! Seguiamo Gesù!

Noi accompagniamo, seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù".

(24 marzo 2013: Papa Francesco Omelia Domenica delle Palme)

 

Cosa c'è di "nuovo" in queste parole? Di dottrina nulla, eppure abbiamo udito come certi Media continuano a presentare Papa Francesco come un "segno di rottura" con il suo predecessore Benedetto XVI.

E abbiamo notato anche fra gli stessi Christefideles Laici come questa falsa rottura sia vista in modo gioioso, addirittura come una "speranza nuova" affinché il "papa nuovo" possa rifondare una "chiesa nuova con dottrine nuove"! Ahimè, che risveglio amaro avranno tutti coloro che stanno sperando da Papa Francesco (o pretendendo) una "chiesa nuova" ostaggio di un mondo che mutando pretenderebbe di dettare "dottrine nuove" ai Discepoli di Cristo nostro Signore.

 

"Ma Papa Francesco ha detto che desidera una chiesa povera, non porta la croce dorata, non porta l'anello dorato, non porta le scarpette rosse...."

Signore mio, diremmo davanti a queste idiozie mediatiche, quanta povertà di pensiero!

Riguardo all'autentica povertà trasmessa dal Vangelo, vi rimandiamo volentieri a questo articolo molto ben argomentato: "La vera povertà che non è il pauperismo… della retorica laicista e della demagogia clericale ", qui possiamo aggiungere che l'autentica povertà insegnata dal Vangelo conduce inevitabilmente alle Beatitudini nelle quali sono descritte nitidamente tutte le virtù che dobbiamo vivere per dirci davvero "poveri" ed entrare nel Regno promesso.

Gesù non toglie dall'afflizione, ma dice "beati gli afflitti"; Gesù non elimina la povertà ma dice "beati quelli che hanno fame e sete di giustizia..."

Insomma, la povertà nel Vangelo è persino auspicabile ma non come fine, piuttosto come mezzo per giungere ad un fine.

Spogliare la Chiesa, dunque, non significa ridurla sul lastrico come vorrebbe certa massoneria e certo pensiero progressista, catto-comunista, modernista, affinché tale Chiesa impoverita di mezzi materiali non possa più andare per il mondo a predicare Cristo, significa piuttosto spogliarsi di quei segni legittimi come accadde per Gesù.

Cosa ci insegna infatti san Paolo?

"Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.

Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre." (Fil 2,7).

Affinché anche la Chiesa, e noi con Lei possiamo davvero essere esaltati (=santificati) dal Padre, dobbiamo avere in noi: " gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù ".

Gesù visse una povertà rivolta esclusivamente al vero fine: la nostra purificazione. Lui non visse affatto da povero, non andava in giro con le toppe ma portava una tunica talmente preziosa che i soldati si guardarono bene dal strapparla, ma la tirarono a sorte; Gesù dimostra che non aveva preoccupazioni per mangiare, anzi, Lui stesso preannunciando di essere quel Cibo che salva, sfamerà la folla con la moltiplicazione dei pani e dei pesci; Gesù dimostra che quando gli occorre qualcosa come un puledro o la stanza dove consumare l'Ultima Cena, Egli sa dove andare; Gesù dimostra di avere anche come pagare la tassa del tempio e non solo, ma elogia l'obolo della vedova e difende la raccolta dei fondi e il tesoro del tempio; Gesù fa tenere una cassa fra gli Apostoli che come sappiamo era gestita da Giuda, il traditore, che si occupava certamente di dare anche ai poveri ciò di cui avevano bisogno, ma di pensare anche al decoro stesso di Cristo e della piccola comunità alla quale nulla mancava; Gesù in definitiva non ha mai chiesto la carità, ma si è fatto mendicante dei nostri cuori, delle nostre anime: " non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo", il vero povero nella Chiesa è colui che si fa servo del prossimo. Perciò anche i poveri devono farsi servi. Il vero povero è colui che esce dalla condizione miserevole del peccato, e dalla stessa povertà intesa proprio come miseria e contro la quale sì, abbiamo il dovere di fare qualcosa: togliere il povero dall'indigenza con i mezzi che ci sono propri.

 

Sarebbe persino superfluo stare a ripetere che certe croci dorate e anelli dorati non sono affatto di oro massiccio e che in tempo di grave crisi economica il gesto di Papa Francesco (che porta non materiale di ferro come si è detto, ma di argento e vuole portare la croce pettorale (di peltro) che gli fu donata quando venne eletto Vescovo e che quindi racchiude anche un valore affettivo, che continuò a portare anche da cardinale) può senza dubbio aiutare gli animi più sensibili dai quali, però, ci si attende la medesima sensibilità e accuratezza a non infangare i Predecessori che preferirono portare le insigne dorate.

 

Vogliamo concludere queste riflessioni con una saggia fatta da un sacerdote e che riteniamo utile all'articolo:

 

Il cardinale Bergoglio in una sua omelia del 2005, dedicata al tema della vita, egli ebbe a dire:

“Quando si ascolta ciò che Gesù dice: Guarda, «Io mando voi, io vi mando come pecore tra i lupi», si vorrebbe chiedere: «Signore, stai scherzando, o non hai un posto migliore dove mandarci?».

Perché ciò che Gesù dice fa un po’ paura: «Se annunzierete la mia parola, vi perseguiteranno, vi calunnieranno, vi tenderanno trappole per portarvi davanti ai tribunali e farvi uccidere». Ma voi dovete andare avanti. Per questo motivo, fate attenzione, dice Gesù, siate astuti come i serpenti ma molto semplici come colombe, unendo i due aspetti. Il cristiano non può permettersi il lusso di essere un idiota, questo è chiaro. Noi non possiamo permetterci di essere sciocchi perché abbiamo un messaggio di vita molto bello e quindi non possiamo essere frivoli. Per questo motivo Gesù dice: «Siate astuti, state attenti». Qual è l’astuzia del cristiano? Il saper distinguere fra un lupo e una pecora. E quando, in questo celebrare la vita, un lupo si traveste da pecora, è saper riconoscere quale sia il suo odore. «Guarda, hai la pelle di una pecora, ma l’odore di un lupo». E questo, questo compito che Gesù ci dà è molto importante. È qualcosa di davvero grande”.

In cosa consisterebbe la nuova era? Su cosa sarebbe fondata? Forse sul creato o sull’amore universale? Forse su una liturgia spoglia? Forse su un S. Francesco che non appare più come « uomo cattolico e tutto apostolico », secondo la felice espressione di Pio XI? Come osservava quel Papa, ” nei nostri tempi, molti, infetti dalla peste del laicismo, hanno l’abitudine di spogliare i nostri eroi della genuina luce e gloria della santità, per abbassarli ad una specie di naturale eccellenza e professione di vuota religiosità, lodandoli e magnificandoli soltanto come assai benemeriti del progresso nelle scienze e nelle arti, delle opere di beneficenza, della patria e del genere umano. Non cessiamo perciò dal meravigliarci come una tale ammirazione per San Francesco, così dimezzato e anzi contraffatto, possa giovare ai suoi moderni amatori, i quali agognano alle ricchezze e alle delizie, o azzimati e profumati frequentano le piazze, le danze e gli spettacoli o si avvolgono nel fango delle voluttà, o ignorano o rigettano le leggi di Cristo e della Chiesa” (Lettera Enciclica “Rite expiatis”, 30 aprile 1926).

Questa nuova era, tanto simile nella freddezza dei termini al nuovo mondo di farneticanti telepredicatori, se non proprio al pensiero del New Age, sarà riconducibile alle parole del Papa? Non è che voglia avvalersi piuttosto delle parole del Papa per rendere autorevoli i propri pensieri?

Intanto, fino a questo momento, il solo che sembri rimetterci è Benedetto XVI, accusato persino di aver manipolato la liturgia in opposizione alla leggi della Chiesa. Non avrebbe meritato questo, specialmente da tanti che, fino ad un mese fa, erano intenti ad elogiare i grandi temi del suo pontificato. Col senno del poi (tanto brutto tra cristiani, ma opportuno tra uomini), dovendo riconoscere che nessuno avrebbe potuto dire in anticipo qualcosa sul pensiero del nuovo Papa, possiamo pensare ad una sorta di “captatio benevolentiae” preventiva. Pare, insomma, che il salire in anticipo sul carro del vincitore, non sia un principio affermato soltanto nel mondo. Ma siamo sicuri adesso che questo pensiero, tanto osannato, sia quello del Papa? Siamo sicuri che il biasimo del povero Benedetto alla fine paghi veramente? E’ lecito nutrire qualche dubbio. Soprattutto quando il coro, alla fine, si rivela per quello che è.

Don Antonio Ucciardo

 

Rammentiamo il grande riconoscimento che Papa Francesco ha fatto di Papa Benedetto XVI quando è andato a trovarlo: nel donargli una icona Papa Francesco gli ha detto "mi hanno detto che si chiama la Madonna dell'umiltà e, mi permetta di dirle una cosa, ho pensato a lei, alla sua umiltà durante tutto il suo pontificato (e Benedetto XVI ringraziava), ci ha dato tanto esempio di umiltà, davvero (mentre Benedetto XVI continuava a ringraziare), di tenerezza... e ho pensato a lei", mentre Benedetto XVI ringraziando aggiungeva: non dimentichiamola mai (la Madonna dell'umiltà).

Mentre abbiamo trovato davvero squallido che il portavoce della Santa Sede abbia riportato esclusivamente il termine "siamo fratelli" anziché riportare questo breve dialogo fra due grandi Pontefici come grandi lo sono stati un po tutti i Pontefici in questo martoriato Novecento e inizi del Nuovo Millennio.

 

 

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